Francesco Filippi, specialista in chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica, si racconta al magazine di Montallegro, dove fa studio e opera da diversi anni.

– Quale professione voleva fare da bambino?
«Pilota di auto da corsa».

– La sua famiglia di origine le è stata di aiuto, ha agevolato il suo impegno?
«Non particolarmente…».

– Quando si è iscritto a Medicina aveva già un progetto professionale?
«Sì, volevo fare il chirurgo plastico».

– Come ha scelto la sua specializzazione e perché? C’è stato un suo maestro, oppure un episodio, che ha influito su questa scelta?
«L’ho scelta per una sfida. Non ho avuto un maestro, ma ho imparato e preso ispirazione da diverse scuole con esperienze differenti».

– Quante volte ha rinunciato a operare un paziente e perché?
«Direi che è più difficile dire di no, ma ancora più difficile spiegarlo al diretto interessato. In ogni caso quando non ci sono le indicazioni psicofisiche adeguate bisogna rifiutarsi o al limite prendere tempo. In ogni caso l’esperienza insegna, di conseguenza le percentuali di rifiuto a una prestazione richiesta sono in aumento!».

– Ricorda un caso che ha segnato la sua attività?
«Sicuramente, e non solo uno. Ogni chirurgo porta con sé alcune stigmate tutti i giorni per tutta la vita».

– A che cosa ha rinunciato per la professione o per eseguire un intervento urgente (un viaggio, un incontro, una festa, una vacanza)?
«Generalmente non rinuncio per il mio lavoro. Cerco di organizzarmi al meglio per poter vivere nel modo migliore. Sicuramente il mio lavoro mi porta ad avere un tipo di vita riservata, organizzata e con poche possibilità di organizzare qualcosa di estemporaneo dall’oggi al domani. Il lavoro è parte integrante della mia vita, ma non vivo per il mio lavoro.».

– Cosa caratterizzava la sua specialità (diagnostica per immagini per inquadramento patologia, tecnologia chirurgica) quando ha iniziato?
«Ho iniziato con la chirurgia oncologica cutanea e con la chirurgia ricostruttiva mammaria».

– Dove sarà la sua specialità fra 5/10 anni? Quali sono i trend che trasformeranno il suo lavoro e quali elementi resteranno immutati?
«Tra 5-10 anni, sicuramente penso di poter essere ancora utile per buoni consigli a qualche giovane collega, ma credo sarò anche impegnato a occuparmi del mio swing su un campo da golf. Fino ad allora la mia passione sarà la sala operatoria, “teatro” della mia professione. Il trend in generale per la specialità è quello orientato a trattamenti sempre meno invasivi, con un’evoluzione tecnologica che comunque negli ultimi venti anni non ha ancora raggiunto i risultati attesi. I medici estetici sono sempre di più e – in proporzione – i giovani chirurghi sono sempre di meno. La tendenza é, purtroppo, quella di scegliere la via più facile e veloce per poter avere un buon riscontro economico».

– Quale sarà l’innovazione che si attende a breve nel suo lavoro e che cosa comporterà?
«L’ingegneria genetica, le applicazioni cliniche con le cellule staminali».

– Pratica o ha praticato qualche sport? Quale?
«Ho praticato sci, calcio, golf e tennis. Ora mi rimane solo il golf».

– Ha un hobby o appartiene alla categoria di professionisti che come hobby hanno il lavoro?
«Il lavoro per me non è un hobby; i miei preferiti sono gli animali, la natura e il golf».

– Cosa pensa la sua famiglia (quella che ha formato) del suo impegno?
«Penso che apprezzino la mia generosità verso i miei pazienti e verso di loro».

– Se ha figli, cosa ha consigliato loro? Li ha spinti o intende spingerli a seguire le sue orme?
«Assolutamente no, nessuno dei miei figli è stato mai consigliato o tanto meno spinto alla medicina e nessuno dei miei figli ha mai pensato di seguire la mia professione medica».

– Fino a quando pensa di lavorare?
«Ancora non per molto…».

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