Fin dall’inizio dell’emergenza per la pandemia da Covid-19, Montallegro si è messa a disposizione del sistema sanitario regionale. Dal 14 aprile al 12 giugno nella struttura sono stati ricoverati complessivamente 179 pazienti provenienti dal Servizio sanitario nazionale (in lista di attesa presso l’ospedale Galliera o l’ASL3 – Villa Scassi) sottoposti a intervento chirurgico nel rinnovato blocco operatorio della casa di cura di Albaro. Si è creata in sostanza una situazione per cui i chirurghi della sanità pubblica hanno operato in ambienti, con attrezzature e il supporto del personale medico e infermieristico di una struttura privata autorizzata dal Sistema sanitario nazionale, ma non accreditata. Montallegro ha fornito medici anestesisti e di reparto e personale infermieristico di degenza, reparti operatorio e terapia intensiva.

Lo scopo di questo accordo tra Regione, A.Li.Sa. e case di cura private è stato duplice: liberare posti letto nelle strutture ospedaliere cittadine per aumentarne le potenzialità di ricovero nella situazione di emergenza e mantenere l’attività chirurgica (tra l’altro in strutture libere da contagio da Covid-19) a favore di pazienti urgenti o comunque da sottoporre a trattamenti non differibili, come per esempio i pazienti oncologici.

Pubblico e privato due facce del sistema sanitario

Francesco Berti Riboli

Si è così realizzato in maniera concreta quanto Francesco Berti Riboli, a.d. di Montallegro aveva detto qualche tempo fa in un’intervista al canale informatico dell’Agenzia Ansa: «Non siamo antagonisti rispetto alla sanità pubblica, anzi se la sanità pubblica viene rafforzata ed è ben organizzata, noi ne traiamo beneficio, all’interno di un sistema complessivo che funziona. Pubblico e privato sono le due facce dello stesso sistema sanitario. Nel momento in cui molta gente rinunciava a recarsi nei pronto soccorsi anche se ne aveva necessità e si privava delle cure in ospedale per timore di trovare luoghi contaminati e non sicuri, noi, grazie alle procedure adottate da subito, abbiamo potuto offrire una struttura pulita e operativa».

Che cosa è accaduto? Spiega Berti Riboli: «Tramite Aiop, l’associazione italiana di ospedalità privata, abbiamo raggiunto un accordo a livello ligure con gli ospedali cittadini per accogliere pazienti non Covid e poter fornire assistenza in regime di ricovero per chirurgia a chi ne aveva bisogno. Ovviamente continuando a rispettare ferree regole d’ingresso e di protezione del personale e dei pazienti».

La scelta della qualità

È stata una piccola “rivoluzione”? Berti Riboli preferisce un’altra definizione: «Nell’emergenza è stata una soluzione efficace ed efficiente che potrebbe anche diventare strutturale».

La novità, comunque, è che pazienti pubblici sono stati assistiti in una casa di cura autorizzata, ma non accreditata. Una struttura, cioè, abitualmente “scelta” dal cittadino. Una scelta ormai compiuta quasi sempre tramite assicurazioni e fondi a cui il paziente ha aderito. Non si tratta cioè di una sanità “per ricchi”: sempre più persone, circa 11 milioni in Italia, usufruiscono di coperture garantite da fondi e assicurazioni. «Il fatto che sia il cittadino a sceglierci, ovviamente ci spinge a ricercare sempre un livello qualitativo alto», chiarisce l’a.d. di Montallegro.

Quale il bilancio di questa esperienza di collaborazione con il pubblico?

Il primo dato è la soddisfazione dei ricoverati. Montallegro svolge continuamente indagini (con risposte anonime) di customer satisfaction. E i commenti dei ricoverati sono stati tutti molto positivi, sia dal punto di vista dell’ospitalità, sia da quello dell’assistenza, sia da quello della sicurezza in un periodo difficile come quello del Covid-19.

È insomma stato colto che in Montallegro vige il principio che un paziente è sempre un paziente, sia si tratti di un cliente pagante, sia di una persona assistita da fondi e assicurazioni, sia – come in questi casi – di persone che, bisognose di cure, era coperte dal Servizio sanitario nazionale.

Rivista l’organizzazione

Roberto Tramalloni

La sintesi di quanto è accaduto è nelle parole del direttore sanitario di Montallegro, Roberto Tramalloni: «L’accesso dei 178 pazienti chirurgici del SSN ha comportato una significativa revisione organizzativa dell’attività di Montallegro, tenuto conto che contestualmente è proseguita, seppur in spazi ridotti, l’attività usuale. Nostro compito è stata seguire la programmazione dei ricoveri e degli accertamenti prericovero; l’indicazione di percorsi appropriati a pazienti e professionisti; l’attività chirurgica, concentrata nel blocco operatorio centrale; il controllo accurato della documentazione sanitaria; il controllo della corretta attribuzione dei codici riferiti a diagnosi di dimissione, DRG e relativi importi: queste due ultime voci che hanno rappresentato una novità per Montallegro».

«Una scelta di sicurezza è stata la “segregazione” delle equipe chirurgiche in due gruppi per assicurare comunque la fruibilità di un gruppo di lavoro in caso di infezione da Covid-19 di un componente», ricorda Luca Cevasco coordinatore dell’attività (e del personale) chirurgica in Montallegro.

Valutazioni positive anche da parte dei due vicedirettori sanitari, Luca Spigno e Giorgio Maietta. Dice Spigno: «Nella nostra struttura abbiamo verificato molto entusiasmo e tanta gentilezza da parte del nostro personale che ha affrontato con determinazione la situazione è ha capito il difficile momento». Aggiunge Maietta: «Abbiamo molto apprezzato il lavoro dei medici ospedalieri e la loro attenzione ai pazienti e anche alla compilazione dei documenti: questo ha facilitato non di poco il lavoro delle infermiere e ha contribuito al successo della collaborazione».

Uno stress test positivo

Gianfranco Mazzarello

Luca Cevasco

Gianfranco Mazzarello, risponde anche per conto degli altri anestesisti di Montallegro, Luca Cevasco e Giovanni Mancuso. Loro sono i dipendenti della casa di cura che, assieme agli infermieri, hanno lavorato gomito a gomito con i chirurghi ospedalieri: «È stato un periodo impegnativo per tutti e abbiamo verificato una grande coesione tra i ragazzi in sala: tutti hanno lavorato, pur con qualche mugugno, al massimo delle loro possibilità e qualità. Noi anestesisti abbiamo collaborato per ovviare a qualche criticità che si è venuta a creare. Credo che sia stato un buon stress test per tutta l’organizzazione. I chirurghi, sia quelli che già frequentavano la struttura, sia i nuovi sono rimasti impressionati favorevolmente dalla fluidità dei cambi sala e della mole di lavoro eseguito rispetto ai ritmi ospedalieri. Insomma, siamo stanchi ma contenti di aver raggiunto l’obiettivo prefissato».

Uguale soddisfazione da parte delle coordinatrici delle attività chirurgiche e infermieristiche. Deborah Biagioli afferma: «Un periodo impegnativo ma stimolante, faticoso per tutti, ma ha fatto emergere lo spirito di squadra. In sala operatoria abbiamo tenuto ritmi intensi ma si è creata grande sinergia con i chirurghi e si sono rafforzati i rapporti con i nostri anestesisti che ci hanno aiutato nei momenti critici. Ai piani il personale ha vissuto una bella esperienza, i medici erano molto presenti e hanno agevolato il nostro lavoro. I pazienti sono stati seguiti alla pari dei privati e sono rimasti molto soddisfatti del ricovero. Professionalmente e umanamente ne esco arricchita». Conferma Cinzia Gasparini, caposala infermieristica: «Anche per me è stato un periodo impegnativo e positivo. Il personale ha contribuito con efficienza e responsabilità. I medici sono rimasti soddisfatti del nostro lavoro e questo ha contribuito a stimolarci ulteriormente. Penso che per ognuno di noi resterà un’esperienza arricchente per il nostro bagaglio professionale».

Essere operati in Montallegro

Deborah Biagioli

Interessante il punto di vista delle componenti la segreteria della direzione sanitaria, Simona Bazzoni e Simona Bui, che hanno sostenuto la maggior parte del lavoro di tipo organizzativo, comunicando con i pazienti, in modo prevalentemente telefonico, per informarli degli appuntamenti per visite, esami pre-operatori e date degli interventi. Spiegano: «La domanda più frequente era di tipo economico, cioè volevano essere certi di non sostenere spese “perché sa, non lavoro”, oppure “perché sa, voi siete privati”. Si informavano inoltre sul nome del chirurgo che li avrebbe operati. In particolare una paziente aveva assoluta necessità di certezza sulle misure da noi adottate per il Covid-19. La maggior parte dei pazienti ci sono sembrati tutti sollevati dal poter fare i test sierologici Covid-19 e ci hanno sempre ringraziato per le informazioni ricevute, per la gentilezza e la pazienza (per alcuni più anziani occorreva ripetere le cose più volte nel corso della stessa telefonata). Ricordiamo una signora che si è detta emozionata dall’essere operata in Montallegro. In un paio di occasioni abbiamo dovuto comunicare la sospensione/cancellazione dell’intervento per motivazioni cliniche e abbiamo percepito chiaramente la delusione dovuta ai mesi di attesa che fino a quel momento sembravano terminati, oltre che alla preoccupazione del “e ora quando lo potrò fare?”».

Molto positivo il giudizio sul rapporto creato tra la struttura e i chirurghi ospedalieri: «Da parte dei professionisti c’è stata molta collaborazione e iniziale aiuto su come meglio organizzarci. E ci hanno poi ringraziato per il lavoro svolto, per la gestione dell’attività e dell’organizzazione di Montallegro. La nostra impressione è che internamente si sia creato un ottimo team con i medici e il personale interno».

Scritto da:

Mario Bottaro

Giornalista.