Cistectomia (e derivazione urinaria)

Cistectomia (e derivazione urinaria)

La vescica è il serbatoio che raccoglie l’urina prodotta dalla filtrazione renale.
La cistectomia semplice consiste nell’asportazione della vescica; la cistectomia totale nell’asportazione anche di prostata, vescicole seminali nell’uomo e di utero e parte anteriore della vagina nella donna; la cistectomia radicale prevede anche l’asportazione dei linfonodi regionali.
La rimozione della vescica comporta la necessita di creare una derivazione urinaria che può essere realizzata collegando gli ureteri (i tubicini che collegano i due reni alla vescica) direttamente alla cute (ureterocutaneostomia) o a un’ansa intestinale, che funge da tramite con l’esterno (neovescica continente, neovescica cateterizzabile, condotto intestinale) o, quando è possibile, creando una neovescica ortotopica continente, cioè una vescica nuova costruita con l’intestino, posizionata nella stessa sede pelvica della vescica, che permetta la minzione attraverso l’uretra e che sia continente.
La cistectomia è indicata in caso di neoplasie vescicali infiltranti o ad alto grado di malignità, piccole vesciche contratte, cistite da radiazioni (cioè dopo radioterapia) o da chemioterpia (es. ciclofosfamide), cistite interstiziale, tubercolosi o schistosomiasi vescicale, sanguinamento irrefrenabile di origine vescicale, fistole vescicali complesse.

Due/tre giorni prima dell’intervento è necessario eseguire una preparazione intestinale mediante purghe ripetute. La maggioranza dei Chirurghi ritiene necessaria anche una profilassi con antibiotici assunti per via orale non assorbibili dal tratto gastroenterico.
L’intervento chirurgico viene eseguito attraverso l’incisione della cavità addominale dall’ombelico al pube. Se la cistectomia è eseguita per una malattia neoplastica, il primo tempo dell’intervento consiste nella linfoadenectomia (iliaca e otturatoria), cioè nell’asportazione dei linfonodi. Per i Pazienti di sesso maschile, il tempo operatorio comporta l’asportazione in unico blocco di vescica, prostata e vescicole seminali e spesso anche dei nervi “erigentes” che decorrono in stretto contatto con la prostata e l’uretra e che comportano una diminuzione – fino alla scomparsa – della capacità di avere un’erezione spontanea. Nel caso di un soggetto femminile può essere necessario asportare, oltre alla vescica, l’utero e gli annessi e la parte anteriore della vagina.
Se necessario l’intervento termina con l’asportazione dell’uretra, che può richiedere nell’uomo un’incisione addizionale nel perineo (tra lo scroto e l’ano).
In alcuni casi, l’asportazione può essere limitata alla sola vescica, senza che vengano rimossi prostata, vescicole seminali e uretra nell’uomo o utero e annessi nella donna. In questi casi l’attività sessuale viene generalmente preservata.
Una volta eseguita l’asportazione totale della vescica, se non si decide di raccordare gli ureteri direttamente alla cute (ureterocuteneoneostomia), verrà individuato e isolato il tratto gastro-intestinale più adatto per realizzare la derivazione urinaria.
In rari casi l’asportazione di un tratto più o meno lungo di intestino e la sua ricostruzione può comportare la necessità di confezionare anche una colostomia temporanea (ano artificiale).
Qualunque sia il tratto di intestino isolato, questo verrà modificato a seconda del tipo di derivazione previsto, per ottenere un serbatoio sferico, a bassa pressione (che cioè non si tenda prima che almeno 200-300 cc di urine si siano depositati al suo interno) e quanto più possibile privo delle caratteristiche originarie dell’organo da cui proviene; nel caso dell’intestino deve essere abolita la peristalsi (ovvero quel movimento continuo che permette al materiale intestinale di progredire verso l’ano), per evitare la comparsa di incontinenza.
Se è possibile, la “neovescica” verrà ricollegata tramite una sutura all’uretra e quindi la continenza sarà demandata ai normali meccanismi sfinteriali; nel caso l’uretra non possa essere utilizzata, si effettuerà un particolare tipo di collegamento della neovescica alla cute che dovrebbe assicurare una buona continenza; in questo caso l’emissione d’urina deve avvenire a intervalli regolari: il Paziente viene addestrato a introdurre un catetere nella neovescica per consentirne lo svuotamento ogni 4-6 ore (autocateterismo). Nel caso di derivazione non continente, l’eliminazione delle urine, che vengono raccolte in apposite sacche fissate con adesivo alla cute, avviene per fuoriuscita continua.
Gli ureteri possono essere ricollegati (reimpiantati) alla nuova vescica con tecniche più o meno complesse; in genere si tende a creare un meccanismo antireflusso tra l’uretere e la neovescica, per evitare danni da infezioni renali, ma non è dimostrato che si ottengano realmente questi effetti; è d’altra parte accertato che più le tecniche sono complesse, maggiore è il rischio di complicanze. Generalmente si innesta un tubicino (tutore) ureterale per 10-12 giorni allo scopo di preservare la sutura tra uretere e intestino.
L’intervento dura da 2 a 4 ore e termina con il posizionamento di uno o più drenaggi (= tubo di silicone che ha lo scopo di consentire la fuoriuscita di sangue o altri liquidi dalla sede di intervento) e la ricostruzione dei piani incisi. Poiché si interviene anche sull’apparato digerente, e di conseguenza il normale transito intestinale potrebbe essere bloccato nei primi giorni dopo l’intervento, è necessario posizionare un sondino che, attraverso il naso, giunga nello stomaco per drenare i succhi gastrici: questo tubicino rimarrà in sede fino a quando l’intestino non riprenda la normale funzione.
L’alimentazione per bocca può essere ripresa quattro o cinque giorni dopo l’intervento; in quel periodo, perciò, può essere necessario somministrare una nutrizione artificiale per via endovenosa, attraverso una grossa vena (in genere viene inserito un catetere nella vena succlavia che si trova nel torace, al di sotto della clavicola).
La degenza post-operatoria è sempre variabile: se il decorso è regolare, la rimozione dei drenaggi avviene dopo 4-8 giorni (alcuni chirurghi preferiscono mantenere un drenaggio sino alla rimozione del catetere); il catetere posizionato nella neovescica rimane in sede in media per 15 giorni. La dimissione è prevista non prima di dieci giorni dall’intervento e comunque sempre dopo che è stata riacquistata una normale funzione intestinale.
Non esiste uno schema prestabilito di controlli clinici successivi all’intervento: in genere vengono eseguite un’ecografia dei reni e della neovescica a 1 mese e una TC con mezzo di contrasto a sei mesi, a 1 anno, a 2 anni e poi ogni 2 anni.
Gli esami ematochimici (azotemia, creatinina, elettroliti ed emogasanalisi) sono ripetuti a un mese, a 3 e 6 mesi e infine ogni sei mesi; l’emoglobina viene controllata ogni 6 mesi per 3 o 4 anni e successivamente ogni anno.
Il controllo endoscopico della neovescica è previsto ogni 2 anni, a partire dal 5°-7° anno dopo l’intervento.