Asportazione cataratta (facoemulsificazione) e impianto di cristallino artificiale

Asportazione cataratta (facoemulsificazione) e impianto di cristallino artificiale

Il cristallino è la lente situata all’interno dell’occhio (corrisponde all’obiettivo di una macchina fotografica). La cataratta è una patologia che porta all‘opacizzazione del cristallino. Per intervenire, occorre procedere alla sua rimozione chirurgica e al posizionamento di una lente artificiale sostitutiva.

Gli occhiali o le lenti a contatto possono solo in parte e temporaneamente migliorare la vista del Paziente. L’intervento chirurgico è necessario perché né i colliri, né il laser, né altra terapia possono guarire una cataratta costituita; il mancato intervento comporta, in tempi variabili da soggetto a soggetto, la perdita progressiva e quasi totale della capacità visiva.
Ritardare l’intervento può incrementare il rischio di complicanze durante l’operazione, con una conseguente minor possibilità di recupero.
L’intervento chirurgico viene effettuato con il Paziente supino, in un ambiente chirurgico sterile e utilizzando il microscopio. Normalmente l’intervento si esegue in regime ambulatoriale o di day surgery (= degenza senza pernottamento).
L’occhio si può rendere insensibile con la sola instillazione di gocce o tramite iniezioni nella zona oculare; talvolta è necessaria e possibile l’anestesia generale. La scelta viene effettuata, in base alle condizioni cliniche, dall’Oculista e dall’Anestesista, tenendo in considerazione le preferenze del Paziente.
La rimozione della cataratta, solitamente, viene realizzata con l’aiuto di un’apparecchiatura (facoemulsificatore) che, emettendo ultrasuoni, frantuma il cristallino e ne aspira i frammenti; la maggior parte dell’involucro del cristallino (la capsula) non viene rimossa, perché diventerà il supporto del cristallino artificiale, cioè di una lente sintetica (impianto intra-oculare).
In alcuni casi l’incisione dell’occhio, attraverso cui si esegue la procedura chirurgica, può richiedere una sutura.
Solitamente in questo tipo di interventi non compare dolore postoperatorio; tuttavia è possibile che il Paziente avverta sensazione della presenza di un corpo estraneo, bruciore, fastidio, visione alterata dei colori: in particolare la visione degli oggetti può assumere una sfumatura rossa.
Se durante l’intervento è stata suturata l’incisione di accesso, è necessario talvolta procedere all’asportazione del filo di sutura. L’attività professionale, l’uso di macchine o di strumenti pericolosi, la guida dell’auto sono sconsigliati per alcuni giorni dopo l’intervento: la durata di tale periodo sarà definito nel corso della visita di controllo postoperatoria.
Nel 20% circa dei casi, può verificarsi, negli anni successivi all’intervento, un’opacizzazione della capsula (l’involucro del cristallino): è la cosiddetta “cataratta secondaria” responsabile di un nuovo calo della vista. In questo caso è necessario sottoporre il Paziente a un secondo intervento chirurgico, che consiste nell’apertura della capsula tramite il laser o l’accesso chirurgico.
Nel periodo successivo all’intervento, il Paziente deve inoltre usare alcune attenzioni:
per almeno due settimane non deve dormire con il volto rivolto verso il cuscino; può però dormire dal lato dell’occhio operato, purché questo sia adeguatamente protetto; non deve assolutamente sfregare l’occhio operato (per almeno un mese); può invece lavarsi regolarmente il viso, facendo però attenzione a non strofinare l’occhio operato e a non esercitare pressioni;
per i primi 2-3 giorni non deve fare sforzi fisici eccessivi: es. sollevare pesi superiori ai dieci chilogrammi, prendere in braccio bambini o animali; il bagno e la doccia possono essere fatti fin dal primo giorno successivo all’operazione; per lavarsi i capelli attendere 1-2 giorni dall’intervento e durante il lavaggio tenere l’occhio operato chiuso.
L’entità di visione recuperabile con l’intervento dipende molto dalle preesistenti condizioni generali dell’occhio, in particolare della retina, del nervo ottico e della cornea; quindi, la presenza di una lesione in queste strutture, provocata dalla malattia, può limitare il recupero visivo derivante dall’intervento (in proporzione all’entità della lesione).

Il calcolo preoperatorio del cristallino artificiale tende a correggere i difetti refrattivi preesistenti l’insorgenza della cataratta e i risultati ottenuti si stanno avvicinando in maniera sempre più precisa a questo risultato.

Negli ultimi anni inoltre si è assistito a una considerevole evoluzione tecnologica dei cristallini artificiali multifocali, recentemente affiancati dalle lenti intraoculari a “elevata profondità di campo”, conosciuti dagli addetti ai lavori come lenti EDOF.
Queste protesi intraoculari di ultima generazione hanno evidenziato una maggiore tollerabilità da parte del Paziente, riducendo l’incidenza e l’entità di effetti collaterali negativi come l’eccessivo assorbimento della luce – con marcato disagio in condizioni di scarsa illuminazione – e la presenza di aloni nell’immagine percepita dalla retina.
A differenza delle lenti monofocali tradizionalmente impiantate con l’intervento per la cataratta, quelle multifocali richiedono sempre un’attenta valutazione preoperatoria della struttura dell’occhio da trattare, della tipologia dei preesistenti difetti visivi e delle aspettative del Paziente al quale si devono spiegare i limiti di questa tecnologia.

Si deve infine considerare che alcuni fattori (es. l’eventuale minima traslazione del cristallino artificiale o le modificazioni strutturali indotte dalle ferite chirurgiche) possono generare un modesto errore refrattivo residuo, comunque correggibile con occhiali o con successivi trattamenti di chirurgia refrattiva (eseguiti con laser).

La chirurgia della cataratta – Riccardo Berti Riboli