Microchirurgia linfatica per linfedema periferico

Microchirurgia linfatica per linfedema periferico

Il linfedema è una patologia dovuta a un’alterata circolazione linfatica, con stasi (=ristagno) di linfa all’interno dei vasi linfatici di un arto. Può essere dovuto a cause congenite oppure acquisite. La causa congenita (con manifestazione alla nascita = linfedema congenito propriamente detto; con manifestazione successiva = linfedema primario precoce o tardivo), di più frequente riscontro nell’esperienza clinica, è rappresentata da un anomalo sviluppo dei linfonodi alla radice dell’arto (all’inguine per l’arto inferiore e, sia pure molto più di rado, all’ascella per l’arto superiore).
L’alterazione di queste stazioni linfonodali (fibrosi) determina il blocco del flusso linfatico e conseguente aumento di volume della parte anatomica interessata.

Con riferimento alle cause acquisite o secondarie, il linfedema può comparire dopo asportazione chirurgica dei linfonodi ascellari o inguinali (linfoadenectomia). La patologia è ancor più frequente in caso di associazione (alla terapia chirurgica) di radioterapia: il linfedema secondario a terapia chirurgica del tumore maligno della mammella compare nel 20-25% dei soggetti trattati, ma l’incidenza aumenta al 30-35% in caso di associazione con trattamento radioterapico. In Europa sono di rilevanza trascurabile le forme secondarie a malattie parassitarie.

La terapia medico-fisica riabilitativa può svolgere un ruolo di parziale controllo della malattia, ma di solito non consente il ripristino completo delle vie preferenziali e/o supplementari di scarico della linfa. Il linfodrenaggio manuale o meccanico sfrutta esclusivamente le vie collaterali, già esistenti, spostando l’edema da una zona all’altra e comunque non prevenendo del tutto la comparsa di complicanze infiammatorie (linfangite).

Il trattamento chirurgico è indicato nei Pazienti che non rispondono alle terapie medico-fisiche.
L’intervento viene eseguito in anestesia generale. È possibile utilizzare in alternativa l’anestesia spinale per l’arto inferiore o quella plessica per l’arto superiore.
L’incisione viene praticata nella porzione intermedia della superficie interna del braccio o nella zona inguinale.

Le tecniche microchirurgiche, di tipo derivativo, consentono di realizzare anastomosi (= comunicazioni) tra i vasi linfatici e le vene (anastomosi linfatico-venose), in modo da favorire lo scarico della linfa nel circolo venoso (come avviene anche fisiologicamente).
L’alternativa a questo tipo di interventi è rappresentata dall’interposizione di un segmento di vena tra i collettori a monte e a valle della sede del blocco (intervento ricostruttivo di linfatico-veno-linfatico plastica). Quest’ultima tecnica viene impiegata quando anche la circolazione venosa dell’arto linfedematoso è alterata.
Nei casi di reflusso gravitazionale (cioè dall’alto verso il basso) di linfa possono essere associate, per il linfedema dell’arto inferiore e dei genitali esterni, le legature antigravitazionali dei collettori linfatici dilatati.

Al termine dell’intervento vengono posizionati 1 o 2 drenaggi (= tubo di silicone che ha lo scopo di consentire la fuoriuscita di sangue o altri liquidi dalla sede di intervento) che saranno rimossi dopo 2-3 giorni.

Nel corso di interventi eseguiti sugli arti inferiori, è necessario posizionare anche un catetere vescicale, che viene rimosso dopo tre giorni, quando il Paziente può alzarsi da letto, una volta rinnovato il bendaggio chirurgico.
Il bendaggio funzionale e la successiva contenzione elastica garantiscono un adeguato gradiente pressorio linfatico-venoso e favoriscono quindi il flusso della linfa nel torrente venoso (interventi derivativi) o verso i vasi linfatici a monte dell’ostacolo (interventi ricostruttivi). Il supporto elastico verrà mantenuto sino alla stabilizzazione del risultato ottenuto con l’intervento microchirurgico (tempo variabile da 3 a 5 anni).