Paolo Massa (leggi qui la scheda) e Manuele Furnari (leggi qui la scheda), specialisti in Gastroenterologia, si confrontano per la rubrica “Generazioni in sala” sui temi più significativi della propria professione, ma anche sul proprio vissuto privato e sulle motivazioni che li hanno spinti a diventare chirurghi, scegliendo in particolare questa specifica disciplina.

– Quale professione voleva fare da bambino?

Paolo Massa «Il mio sogno è sempre stato quello di fare il medico: non so esattamente per quale motivo, dal momento che ero letteralmente terrorizzato dal pediatra che periodicamente mia madre consultava. Tuttavia quel tono sempre tranquillizzante, il fascino del camice bianco e quegli strani apparecchi che usava per poter dire “stai bene” hanno sempre stimolato il mio interesse».

Manuele Furnari «Sempre voluto fare il medico. L’alternativa era più complessa: l’astronauta».

– Quando si è iscritto a Medicina aveva già un progetto professionale?

Paolo Massa «Mi piacevano molto gli argomenti che affrontavo: ne ero allo stesso tempo interessato e gratificato. Ma ero ben lontano da immaginare un progetto professionale, almeno fino al terzo e quarto anno di Università, quando ho iniziato a frequentare un reparto ospedaliero».

Manuele Furnari «Non una professione in particolare, ma il progetto di raggiungere la massima professionalità possibile».

– Come ha scelto la sua specializzazione e perché? C’è stato un suo maestro, oppure un episodio, che ha influito su questa scelta?

Paolo Massa «Al quarto anno di Medicina ho avuto la fortuna di conoscere il prof. Dodero, mio maestro, primario gastroenterologo dell’Ospedale Galliera di Genova. Ho iniziato da allora a frequentare il suo reparto, gestito da medici preparati e disponibili. È lì che si è svolta praticamente tutta la mia carriera di clinico e di endoscopista. Negli ultimi anni, dopo aver deciso di abbandonare la struttura pubblica, sto proseguendo la mia attività con grande soddisfazione presso Villa Montallegro che mi fornisce mezzi tecnici necessari per proseguire e migliorare la mia attività. Il prof. Dodero, studioso instancabile, paziente con noi giovani e prodigo di consigli e di esempi, è riuscito a costruire e plasmare una generazione di gastroenterologi e di endoscopisti. Lo ricordo con affetto e gratitudine: grande uomo».

Manuele Furnari «Sono rimasto indeciso per lungo tempo, poiché attratto dalla Medicina come tale. Dopo aver vagato tra diverse specialità chirurgiche mi sono avvicinato alla branca delle specialistiche internistiche, grazie al coinvolgimento e responsabilizzazione di un medico internista, per poi scegliere una specialità in grado di offrire aspetti sia internistici sia pratici, quale appunto la Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva. Anche qui ha influito il colloquio con il mio primo mentore».

– Cosa pensa di aver insegnato e imparato in questi anni di professione?

Paolo Massa «Ho imparato moltissimo e tutt’ora continuo a imparare. La medicina negli anni è cambiata moltissimo; si è verificata una vera rivoluzione tecnologica. Basti pensare ai progressi dell’imaging radiologico (ecografia, TC, RM, PET, etc), alle nuove tecnologie applicate all’endoscopia che ci consentono l’esplorazione di nuovi “mondi”, valutando organi che fino a qualche anno fa erano poco esplorabili; per non parlare della possibilità di acquisire i continui aggiornamenti professionali che arricchiscono in continuazione le nostre conoscenze. Occorre farne tesoro e confrontarsi con i colleghi, poiché nel nostro lavoro è fondamentale apprendere, ma utile insegnare: il “do ut des” dei Latini».

– Cosa trova di positivo nel confrontarsi con colleghi, in particolare se più giovani?

Paolo Massa «Con i colleghi più giovani cerco di riprodurre, con i miei limiti, quanto ho imparato con l’esempio dai miei colleghi più anziani. Nel rispetto reciproco, la miscela di esperienza, con l’aggiornamento professionale, la freschezza delle idee, l’indubbia capacità di acquisire le novità tecnologiche sono i veri punti di forza del nostro lavoro. Userei due parole chiave: studio e confronto».

– Cosa caratterizzava la sua specialità (diagnostica per immagini per inquadramento patologia, tecnologia chirurgica) quando ha iniziato?

Paolo Massa «All’inizio della mia carriera erano fondamentali lo studio, l’osservazione e l’ascolto sia con i colleghi sia con i pazienti: sono i rudimenti per iniziare. Poi è arrivata l‘attività clinica che ben presto si è completata con la mia più grande passione che è l’endoscopia digestiva. Ripensare ai miei 40 anni di attività, mi porta a ricordare per esempio che, agli inizi, la semplice indagine ecografia era agli albori, che l’endoscopia veniva eseguita addirittura con strumenti semirigidi e che le nostre indagini erano solo esplorative, poiché le possibilità tecnologiche consentivano un minimo di operatività solo nei centri pionieristici più all’avanguardia».

– Quali sono le persone che Le hanno dato di più in termini di esperienza trasmessa?

Manuele Furnari «Ci sono state diverse persone che hanno influito per aspetti differenti. Chi da un punto di vista umano nel relazionarsi ai pazienti, chi da un punto di vista scientifico di ricerca e chi infine da un punto di vista tecnico. Per quest’ultimo aspetto ho diversi nomi in mente, uno per ogni Paese in cui ho lavorato o sono stato accolto per perfezionare la tecnica endoscopica».

– Ricorda un caso che ha segnato la sua attività?

Paolo Massa «Mio padre: un uomo eccezionale che ha sempre creduto in me, mi ha sempre incoraggiato e amato. Il destino ha voluto che si ammalasse di una patologia gastroenterologica e che si affidasse completamente a me. La commistione di due ruoli, quello di figlio e quello di gastroenterologo, ha rappresentato per me una prova veramente dura da affrontare. Certo che è sempre esistita in noi medici una certa partecipazione emotiva alle vicende di salute che dobbiamo affrontare per i nostri pazienti, ma la sofferenza che ho provato credo abbia ulteriormente contribuito a una mia ulteriore umanizzazione nell’approccio della sofferenza del singolo e degli affetti che lo circondano».

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