La fibrillazione atriale è l’aritmia più diffusa, in costante aumento, soprattutto nel mondo occidentale. Caratterizzata da un battito cardiaco irregolare, può colpire cuori sani o essere il segnale di una cardiopatia preesistente. Per saperne di più su sintomi, diagnosi e trattamenti, abbiamo intervistato Paolo Di Donna, cardiologo esperto in elettrofisiologia che ha scelto Montallegro per la sua attività in libera professione.

– Che cos’è la fibrillazione atriale?
«La fibrillazione atriale è caratterizzata da un battito irregolare. I sintomi più comuni sono un batticuore o un cardiopalmo aritmico, che possono essere molto invalidanti e portare il paziente a cercare assistenza medica d’urgenza. Può insorgere anche in cuori strutturalmente sani, ma in molti casi è la prima manifestazione di una cardiopatia organica, come una valvulopatia, un cuore dilatato o un’ischemia».

– Come si effettua la diagnosi?
«Il primo passo è accertare che si tratti realmente di un’aritmia, poiché il cardiopalmo non sempre corrisponde a questa patologia. L’approccio iniziale prevede una visita cardiologica e un elettrocardiogramma, affiancati da esami strumentali per escludere o accertare la presenza di alterazioni strutturali del cuore. Spesso, però, questi esami non sono sufficienti. In questi casi, utilizziamo l’Holter, un elettrocardiogramma di lunga durata, che può durare 24, 48 ore o anche 7 giorni. Per i pazienti con aritmie meno frequenti, utilizziamo anche dei loop recorder, piccoli apparecchi che possono essere attivati dal paziente stesso in caso di sintomo per registrare il tracciato».

– Quali sono le opzioni di trattamento?
«Il primo trattamento per gli episodi ricorrenti è farmacologico, volto a riportare il cuore a un ritmo regolare. A seconda delle comorbilità del paziente, come diabete o ipertensione, ma anche in relazione all’età – il rischio aumenta dopo i 64 anni e raddoppia dopo i 72 – si valuta la scoagulazione per ridurre il rischio di episodi embolici. Oggi abbiamo a disposizione nuovi farmaci anticoagulanti che rendono la gestione più semplice e riducono la necessità di frequenti controlli ematologici».

– Quando si ricorre all’ablazione e a chi è consigliata?
«L’ablazione è un trattamento più invasivo, proposto quando i farmaci non sono sufficienti o non vengono tollerati. Consiste nell’eliminare i focolai aritmogeni all’interno del cuore attraverso un mappaggio con elettrocateteri e l’applicazione di radiofrequenze . È un’opzione per i pazienti che non rispondono alla terapia farmacologica o che manifestano questa aritmia in età molto precoce, quando una terapia farmacologica cronica non è considerata la soluzione migliore. All’interno di Montallegro, l’ambulatorio di cardiologia offre un quadro completo per la diagnosi e per l’eventuale trattamento di questa aritmia così invalidante e diffusa».