Se c’è un valore aggiunto del “Progetto Superbarocco” è il fatto che non stiamo parlando di una semplice mostra, ma per l’appunto – lo dice la parola stessa – di un progetto, di un’”esposizione diffusa”, come dicono quelli che parlano bene.

Insomma, c’è la classica mostra al Ducale e ovviamente c’è quella, bellissima, alle Scuderie del Quirinale, con tanto di visita di apertura di Sergio Mattarella. Ma ci sono anche i luoghi del cuore del barocco, con alcuni quadri e alcuni autori esposti in chiese, palazzi dei Rolli e pezzi di città, alcuni non conosciutissimi. E poi ci sono le esposizioni non ufficiali che rientrano nel “Progetto”, pur non essendo la mostra vera e propria. E infine, in questa specie di storia circolare, in questa “Alla fiera dell’Est” del Barocco e del Superbarocco, ci sono i quadri esposti sempre, tutto l’anno, e da sempre nei Musei di Strada Nuova, lo scrigno dei tesori dei pittori protagonisti di questa storia.

E dove c’è arte, come sempre, c’è Villa Montallegro e ci sono I Mercoledì (e non solo) della cultura, che in qualche modo sono un “Progetto Supercultura” permanente, qualcosa che resta al di là dei singoli eventi.

Il nostro viaggio in tutto questo parte quindi da Palazzo Bianco, che del barocco è una delle capitali mondiali.

Anche perché, stavolta, si tratta di un’esperienza unica, grazie al cuore e alla passione nel raccontarlo di Margherita Priarone, Raffaella Besta e Loredana Pessa, che probabilmente sulla carta di identità alla voce “stato civile” hanno scritto “coniugata col barocco”, accettando di buon grado anche la poligamia per tutte e tre.

Insomma, ci sono le storie di Gregorio e Lorenzo De Ferrari, che sono padre e figlio, che dipingono uno sopra l’altro sulla stessa tela e, se nessuno ci avesse avvertito, la differenza di mano è assolutamente impercettibile, con tanto di autoritratto del secondo, il figlio Lorenzo (la cui mamma fra l’altro era Margherita Piola, figlia dell’altro pittore Domenico Piola in una famiglia con il pennello in mano al posto del biberon fin dall’infanzia), che inserisce il suo volto in mezzo ad altre figure, come fosse un disturbatore, un Gabriele Paolini dei quadri che sbuca dietro il suo intervistatore. E, anche nella parte sotto di questa grande tela ci sono sovraimpressioni, come i dischi ristampati con l’edizione che aggiunge il singolo sanremese.

A un certo punto, ti aspetteresti di veder sbucare fuori dal quadro anche il volto paciarotto di Francesco Berti Riboli – che, intendiamoci, rispetto a me che scrivo è un figurino – che è il mecenate che spesso i pittori omaggiavano sulle proprie tele e quelli robusti avevano anche più spazio, perché il barocco è più ricco di figure e di passione rispetto ad altri periodi “magri” come Munch o Schiele pieni di ossa.

Insomma, scherzi a parte, il segreto dei Mercoledì (e non solo) della cultura di Villa Montallegro è quello di raccontare le opere e le mostre con serietà, ma senza seriosità ed è una distinzione importantissima.

E quindi il pomeriggio a Palazzo Bianco diventa uno show, dove si impara, ma ci si diverte pure. Ad esempio, si ricordano i corsi per i pittori barocchi “Come fare geometria (prospettiva, ecc.) senza conoscerla”, peraltro portatori di ottimi risultati, a giudicare dalle opere esposte.

Oppure, in quadri come Cristo e la samaritana e altri l’impressione che la luce che sprigiona dai quadri sia il racconto di incontri galanti e non religiosi, come in effetti sono. O, ancora, in uno zibaldone di trovate che forse è l’elemento più bello del barocco, che sa essere pesantemente leggero o pesante con leggerezza in un gioco di splendidi ossimori, con i disegni e i progetti delle fontane da azionare per valorizzare le sale da pranzo degli ospiti.

Passando alla collezione delle maioliche, poi, si entra in un vero e proprio mondo, con piccoli gioielli di tecnologia magari un po’ rudimentale, ma efficace.
Ad esempio: in questi giorni fa molto caldo? Nessun problema, c’è un rinfrescatoio con sei bottiglie di maiolica. E ovviamente i vasi da farmacia che è ancora possibile vedere in molte farmacie che hanno prodotti galenici e dietro il bancone portano avanti il concetto di botteghe storiche, per la gioia di Maurizio Caviglia, Gigi Attanasio (e, ad honorem, Elena Manara) che con la Camera di commercio hanno puntato anche su questo tipo di turismo.

Sui vasi, poi, ci sono disegni e scritte con cui il visitatore può farsi una cultura enciclopedica, una specie di antologia dell’epoca, dalla Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso, best seller di quei tempi, alle Metamorfosi di Ovidio, che si prestano benissimo ad essere rappresentate, anche graficamente, sui vasi, fino all’Orlando Furioso di Lodovico Ariosto.

Ma la collezione delle maioliche barocche non tralascia nessun optional, meglio di una lista nozze completa: dalla tulipaniera con i buchi per i fiori ai vassoi con lo spazio per i calici, per cene eleganti, fino a un piatto da tacchino, ovviamente di dimensioni conseguenti. E, fra i disegni e le decorazioni, non mancano storie del mondo del porto che, ovviamente, portano elementi più prosaici e goderecci rispetto ai quadri di argomento religioso delle sale precedenti.

La sala di Gioacchino Assereto, invece, è un trionfo delle mani, che emergono prepotentemente da ogni quadro e, spesso, sono gigantesche: mani che nemmeno Gianni Morandi ha così grandi. È una gioia per gli occhi, con quadri che sono quasi scenografie teatrali con fermi immagine che, ovviamente, anche in questo caso sono sulle mani, come una vecchia canzone di Eduardo De Crescenzo a Sanremo o di Zucchero, “Mani” e “Con le mani”, come fossero eredità diretta di tutto questo.

E, a proposito di eredità diretta, sulla parete dedicata ai pittori lombardi dell’epoca, già si respira un’altra aria, con i giochi di luci e ombre che sono caravaggeschi purissimi (e splendidi): le teste decapitate di San Giovanni Battista, i drappi che nascondono illuminazioni e buio, i muscoli dei protagonisti che sono quasi una fisarmonica di chiari e scuri sono di una bellezza assoluta che raccontano tutt’altro tipo di barocco, ancor più coinvolgente e affascinante.

Molto lombardi, certo.

Come se “I Mercoledì (e non solo) della cultura” fossero il Terzo Valico della bellezza.

© foto di apertura: www.museidigenova.it/it/palazzo-bianco

Scritto da:

Massimiliano Lussana

Massimiliano Lussana, 49 anni, giornalista, si definisce “affamato e curioso di vita”.