Una corretta documentazione clinica può evitare la maggior parte dei casi di contenziosi assicurativi in medicina. La cartella clinica, il consenso informato e le Linee Guida sono i temi di cui si è discusso nel quarto degli incontri 2023 – organizzati da Montallegro presso lo spazio TSV 70 (Torre San Vincenzo, 23°-24° piano via San Vincenzo, 2) e dedicati al ricordo di Salvatore Giuffrida, come ha ricordato nell’introduzione Francesco Berti Riboli, ad di Montallegro.

Carlo Valchi

L’evento ha attirato una platea molto numerosa, anche per la straordinaria qualità dei relatori, tra cui Marco Damonte Prioli, Direttore generale del Policlinico IRCCS San Martino, Giovanni Orengo, Direttore sanitario del Policlinico IRCCS San Martino, Nicoletta Gandolfo, Direttore del Dipartimento di Diagnostica per immagini dell’ASL3 Genovese e della S.C Radiologia dell’Ospedale Villa Scassi e Presidente eletto della Società Italiana di Radiologia Medica e Interventistica per il biennio 2025-2026 e Alessandro Bonsignore, Presidente dell’Ordine dei Medici della provincia di Genova e Professore associato di Medicina legale presso l’Università degli studi di Genova.

Carlo Valchi, vice Direttore sanitario di Montallegro, nella sua introduzione ha analizzato le principali criticità riscontrate nella gestione delle cartelle cliniche in una struttura che lo scorso anno ne ha prodotto oltre 3000. «Il 70% delle cartelle cliniche, a un primo controllo, risulta incompleto, a volte per motivi tecnici, a volte per la difficoltà nel radunare tutta la documentazione. Questo comporta un allungamento dei tempi di produzione della documentazione e di invio agli enti di sanità integrativa, con tutte le criticità che questo comporta» ha spiegato Valchi.

Marco Damonte Prioli: «L’obiettivo è la dematerializzazione della cartella clinica»

Marco Damonte Prioli

In una struttura come il Policlinico San Martino, che conta tra i 50mila e i 55mila ricoveri annui, la gestione delle cartelle cliniche è una questione rilevante, anche a livello di spazi e costi. «Ci troviamo in una situazione di transizione, nella quale possiamo definire la cartella clinica come ibrida: perché in gran parte digitalizzata, ma resta ancora una quota di materiali cartacei. L’obiettivo deve essere la totale eliminazione della carta, in favore di una completa digitalizzazione. Mi auguro di ripetere tra un paio d’anni un momento come questo, nel quale constatare la conclusione del percorso, che dovrà portare a una cartella clinica dematerializzata, consultabile direttamente dal Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) del paziente». Marco Damonte Prioli, nel suo intervento, ha ricordato anche il quadro normativo di riferimento. «Siamo passati dal DPR 445 del 2000, piuttosto generico, al DL 76 del 2020 che determina un livello di complessità nella gestione dei documenti che ha rappresentato un ostacolo notevole. Di fatto, nei primi tre anni il FSE non lo ha aperto nessuno, solo oggi finalmente comincia a funzionare».

Giovanni Orengo: «Non confondiamo privacy e protezione dei dati»

Giovanni Orengo

I medici hanno connaturato nel loro imprinting l’attenzione per la privacy del paziente, spesso però fanno fatica a proteggere i dati. È quanto emerso dall’intervento di Giovanni Orengo. «Lo stesso giuramento di Ippocrate invoca il rispetto e la tutela della privacy dei pazienti. Meno semplice è proteggere questi dati, che purtroppo sono estremamente rilevanti e possono essere oggetto di attacchi informatici o altro». La loro conservazione diventa dunque fondamentale. «La conservazione su supporto informatico non è un’attività che può essere autorizzata se non agli operatori dei sistemi informativi. È fatto divieto assoluto di registrare su CD, chiave USB o qualsiasi altro supporto di memoria di massa dati personali o sensibili. Sembra banale, ma è bene ribadirlo».

Alessandro Bonsignore: «Una cartella clinica correttamente compilata è la miglior difesa in caso di contenzioso»

Alessandro Bonsignore

La cartella clinica, il consenso informato e le Linee Guida sono tre aspetti che hanno un impatto significativo nel campo medico-legale, essendo alla base della maggior parte dei contenziosi. «Tuttavia, se compilata correttamente, la cartella clinica diventa la migliore difesa in caso di contenzioso. Il medico deve avere ben chiari tre messaggi. Il primo è che il paradigma sull’onere della prova è cambiato. Oggi è compito del medico dimostrare, con documenti in mano, di aver agito correttamente. Pertanto, è essenziale descrivere nella cartella clinica tutto il processo logico di quanto è accaduto – ma anche ciò che non è accaduto, ad esempio, la mancata presentazione a un appuntamento concordato – in un ragionamento clinico.
Il secondo messaggio è che il vizio di consenso è una fonte autonoma di responsabilità: un intervento eseguito a regola d’arte, ma con un vizio nella raccolta del consenso, può dar luogo a contenzioso.
Il terzo messaggio è che le Linee Guida non sono strettamente vincolanti, ma è necessario documentare l’intero percorso. Anche se ci si adegua alle Linee Guida, non si è esenti da responsabilità in caso di un evento indesiderato. Un professionista può discostarsi da esse, ma il ragionamento medico alla base delle sue scelte deve essere comprensibile dalla cartella clinica. È importante infine ricordare che la Legge Gelli Bianco indica come uniche Linee Guida a cui fare riferimento solo quelle dell’Istituto Superiore di Sanità».

Nicoletta Gandolfo: «Linee guida e raccomandazioni per gli atti medici radiologici»

Nicoletta Gandolfo

Nel suo intervento, Nicoletta Gandolfo ha declinato i temi dell’incontro in ambito radiologico. «È importante sottolineare che qualsiasi atto medico radiologico deve prevedere un’informazione completa ed esaustiva; una comunicazione adeguata ai nostri interlocutori, siano essi clinici o pazienti, e dunque con gli adeguati registri di tono; una raccolta del consenso all’atto medico costante e corretta; una refertazione sempre meno descrittiva ma rispondente alle esigenze cliniche e propedeutica a una corretta pianificazione terapeutica e infine una rigorosa archiviazione».
Nicoletta Gandolfo ha anche ammonito di non considerare l’attività radiologica come una commodities. «In altre parole, non come una prestazione che soddisfa un bisogno indipendentemente da chi la produce. Il medico radiologo deve sempre giustificare l’esecuzione di un esame proposto, ritenendolo necessario e non sostituibile con altre metodiche di diagnosi».

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Redazione