È un racconto di passione quello di oggi, di bellezza in tutte le sue declinazioni come avviene sempre con “Genovese per caso” e Villa Montallegro, ma – se possibile – oggi di più. Perché è il “Mercoledì (e non solo) della cultura” più particolare. E non solo perché è capitato di venerdì. E non solo perché era uno dei “Mercoledì” fuoriserie, come quello dedicato alle bellezze dell’Oltregiogo Days del prossimo fine settimana e dei suoi paesi, Gavi, Carrosio, Voltaggio, Francavilla Bisio e Basaluzzo, dove Villa Montallegro è uno dei partner del cuore. E non solo perché questo venerdì sono in qualche modo ritornati gli Amixi – che pure non se ne erano mai andati – con Silvia Malacalza e Francesco Berti Riboli uniti nell‘amore per l’arte contemporanea e il coinvolgimento di tantissimi amici e Amixi.

Ed è una storia bellissima perché riprende un discorso interrotto anni fa quando Villa Croce era una delle capitali del movimento italiano e qualche volta pure internazionale e cresceva di mese in mese, di mostra in mostra, con installazioni e storie che si rincorrevano, splendide anche da raccontare e gli Amixi sempre in prima fila, a dimostrare come il privato possa essere un punto di forza anche del pubblico. Quasi la continuazione di quello che vi abbiamo raccontato qualche settimana fa con la storia di Palazzo del Grillo e della mostra No Borders con Anna Daneri, ma con tante delle stesse facce.

Belle facce, facce di gente positiva, che ama la cultura, che ama l’arte contemporanea, che si mette in gioco in prima persona, che sogna di volare alto, in questa nuova Genova, che torni ad essere la Genova che era, anche nell’arte contemporanea. Insomma, prima ancora di cominciare a raccontare la serata di Palazzo Rosso, c’è un patrimonio di passioni e di valore assoluto che è intimamente connesso a questa storia del “Mercoledì” che poi è venerdì.
Ma, soprattutto, prima ancora di cominciare a raccontare, parto da un amico, prima ancora che Amixo, che questa volta non era con noi: Gian Mazzarello, che di Villa Montallegro era una delle anime e dei cuori, sempre in prima fila quando c’era da fare scherzi e, suo malgrado, sempre in prima fila quando c’era da subirli.

Non dimenticherò mai la giornata in cui eravamo a pranzo, fuori Genova, con un gruppo di suoi colleghi buontemponi e, al momento dell’arrivo di un piatto dei suoi amatissimi tagliolini ai tartufi, lo chiamarono asserendo un’urgenza a Villa Montallegro. Lui, grande persona e grande medico, prese immediatamente e, smoccolando, partì per Genova. Ma, dopo qualche curva, i perfidi amici lo avvisarono che era uno scherzo e tornò indietro. Solo che non c’erano più né tagliolini, né tartufi, giusta nemesi per aver rubato per anni la torta a Mirella Branda.

Insomma, la serata per la presentazione di Fondamenta 2 è stata anche tutto questo e quindi è stata una serata speciale per mille motivi, così come è stato speciale che la presentazione del  libro sia avvenuta a Palazzo Rosso, uno dei Palazzi dei Rolli che avevamo visitato con Raffaella Besta in occasione di un altro Mercoledì della cultura, quasi un punto di passaggio studiato da Silvia Malacalza, dagli Amixi e da Francesco Berti Riboli fra il passato glorioso e il futuro che può essere bellissimo.

E proprio Raffaella Besta, insieme a Ginevra D’Oria, Valter Scelsi e l’autrice del libro Giovanna Silva ha presentato “Black Coffee No Sugar. Genoa”, che vi racconto con le parole ufficiali della presentazione, perché anche l’uso delle parole è un altro modello di arte contemporanea, quella dialettica.
E allora seguitemi, come fosse una quarta di copertina: “Giovanna Silva accumula immagini analizzando lo spazio, l’architettura e la città attraverso la fotografia, offrendo racconti nitidi e allo stesso tempo personali”.
E poi le parole dell’autrice che Google ci racconta come “Artista delle arti visive” ed è essa stessa un’installazione vivente di se stessa, come simpatia e come look: “Per me il libro è un modo di raccontare una storia. Non mi interessa la singola fotografia, ma più una narrazione in cui le fotografie dialogano tra loro raccontando una storia”.

Nell’atrio di Palazzo Rosso, ci raccontava il suo amore per il Brasile e di come, durante la sua carriera, abbia realizzato numerosi reportage di città. Roma, Milano, Napoli, Islamabad sono state raccontate in una serie di mostre, installazioni e pubblicazioni d’artista che lei definisce souvenirs. E Genova è il prossimo tassello con questo libro, che dice molto fin dal titolo: “Caffè nero senza zucchero. Genova”.

Il libro è edito da Mousse Publishing e sostenuto dall’Associazione Amixi per l’Arte Contemporanea. E Valter Scelsi, autore dei testi che accompagnano le 196 pagine del libro racconta: “Il pegno di Genova, si sa, è la Lanterna, e nemmeno le si chiede molto per ricoprire questo ruolo: almeno, non più di un minimo di fotogenicità. Ai piedi della Lanterna, che è il faro monumentale che dal XII secolo veglia sul suo porto, Genova può essere disordinata quanto vuole”.

E qui torniamo ancora alle note dell’editore per raccontare in poche parole questa storia: “La protagonista di questo nuovo libro di Giovanna Silva è la città di Genova. Dalle passeggiate spontanee per Genova, alla ricerca della sua architettura contemporanea – nascosta tra strade rialzate, mare e ripide colline – Silva passa agli interni di Franco Albini. Albini, chiamato a progettare e ripensare il sistema museale della città dalla leggendaria figura di Caterina Marcenaro – prima storica dell’arte italiana, vanificata da tutto il clan maschile dell’epoca – costruisce e perfeziona pezzi di Genova rendendola una città più moderna. Il libro di Silva è uno sguardo su questi luoghi che coniugano il passato degli edifici storici con la contemporaneità dei primi musei moderni. Le sue foto dialogano con quelle di Paolo Monti, che invece ha fotografato l’opera di Albini durante la costruzione alla fine degli anni Quaranta”.

E in qualche modo, dire tutto questo a Palazzo Rosso, che ospita l’appartamento di un amatore d’arte e la scala ottagonale firmata dallo stesso Albini, di fronte a Palazzo Tursi e Palazzo Albini che coniugano i Rolli e la modernità, è il miglior modo per dirlo. E vabbè, valeva la pena anche se il Mercoledì era di venerdì.

Scritto da:

Massimiliano Lussana

Massimiliano Lussana, 49 anni, giornalista, si definisce “affamato e curioso di vita”.