Festival della Scienza: il bilancio dell’ultima edizione nell’intervista al direttore Fulvia Mangili
Dalla lezione del Nobel Karikó ai "Dialoghi di Scienza": Montallegro partner per la divulgazione scientifica
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È stata un’edizione che ha confermato Genova quale capitale della divulgazione scientifica, certificata dai numeri e dalla qualità del programma. Tra i momenti apicali del Festival della Scienza 2025 spicca la lectio magistralis del premio Nobel per la medicina Katalin Karikó, resa possibile anche dal consolidato sostegno di Montallegro. Archiviato il successo del tema “Intrecci”, lo sguardo dell’organizzazione è già rivolto al futuro. Ne abbiamo parlato con Fulvia Mangili, direttore del Festival della Scienza.
– L’ultima edizione si è chiusa con numeri importanti. Qual è il bilancio a riflettori spenti?
«Il bilancio è estremamente positivo. Abbiamo registrato un’affluenza significativa e, soprattutto, un alto indice di gradimento per la qualità dei contenuti proposti. Con quasi 250 eventi in 11 giorni e 35 location coinvolte, il Festival ha permeato la città. Un risultato che conferma la solidità del format e la capacità di coinvolgere un pubblico trasversale – dalle scuole agli addetti ai lavori – mantenendo standard qualitativi d’eccellenza».
– La capacità di decodificare la complessità è la peculiarità della manifestazione. Quali tematiche hanno catalizzato l’interesse del pubblico quest’anno?
«La parola chiave “Intrecci” si è rivelata vincente: la tendenza attuale non è l’isolamento disciplinare, ma la sinergia tra saperi scientifici e umanistici. Abbiamo rilevato un forte interesse per l’Intelligenza Artificiale – intesa non solo come scienza ma come tecnologia trasversale – e per le neuroscienze. Cresce costantemente l’attenzione verso le scienze della vita e i temi legati alla salute, sebbene i filoni classici di fisica e matematica mantengano un pubblico fidelizzato. Fondamentale l’apporto dei Nobel: l’astrofisica resta un grande attrattore, così come la medicina, rappresentata quest’anno dalla straordinaria testimonianza di Katalin Karikó».
-Con una formula così collaudata, come si evita il rischio della ripetitività garantendo innovazione?
«Se la struttura organizzativa rimane stabile, il rinnovamento passa attraverso i contenuti, inediti ogni anno. Tuttavia, introduciamo costantemente nuovi formati: in questa edizione abbiamo inaugurato i “Progetti speciali“, focus dedicati a grandi iniziative di ricerca, e il ciclo “Incontriamo la ricerca“, per spiegare al pubblico il valore dei finanziamenti scientifici. Cerchiamo sempre elementi distintivi, dalle performance artistiche alle esplorazioni urbane, adattando parallelamente il linguaggio ai nuovi canali di comunicazione digitale».
– Il Festival è un asset nazionale sostenuto fortemente dal territorio. Qual è il ruolo dei partner privati e, nello specifico, di una realtà sanitaria come Montallegro?
«È un ruolo cruciale. Il Festival è una macchina complessa che genera valore e indotto per il territorio, ma necessita di risorse importanti. La nostra reputazione internazionale ci permette di ospitare personalità di spicco, ma è il sostegno delle aziende a rendere sostenibile l’organizzazione.
La partnership con Montallegro è storica e strategica: il supporto specifico per l’ospitalità di Katalin Karikó ha permesso di realizzare uno degli eventi più emozionanti di questa edizione. La sinergia tra cultura e impresa privata è indispensabile per mantenere questi standard».
– La divulgazione non si ferma agli 11 giorni della rassegna. Il ciclo “Dialoghi di Scienza”, ospitato in Torre San Vincenzo, ne è la prova.
«Si tratta di un’iniziativa di alto profilo promossa dall’Associazione Amici del Festival, realtà fondamentale che affianca l’organizzazione curando l’accoglienza e il legame con la città.
Il ciclo, sviluppato in collaborazione con il nostro Consiglio scientifico e inaugurato dal professor Fabio Benfenati, mira a mantenere vivo il dibattito scientifico durante tutto l’anno.
Siamo grati a Montallegro non solo per la comunicazione, ma per aver messo a disposizione una sede prestigiosa: trovare spazi adeguati per la cultura non è mai scontato».
– Guardiamo al 2026. È già stato definito il tema che guiderà la prossima edizione?
«Sì, la parola chiave sarà “Prospettive“.
È la naturale evoluzione di un percorso triennale iniziato con “Sfide” e proseguito con “Intrecci”. Oggi avvertiamo l’urgenza di guardare avanti, di interrogarci su dove ci condurrà il progresso scientifico e su come governarlo.
C’è bisogno di futuro e il Festival proverà a tracciarne le linee guida».