Il professor Edoardo Giovanni Giannini, direttore della Clinica Gastroenterologica dell’Ospedale Policlinico San Martino e da anni consulente di Montallegro, è stato nominato Adjunct Full Professor presso l’Università di Yale, prestigioso ateneo statunitense. Giannini è già docente di Gastroenterologia e direttore della Scuola di Specializzazione in Malattie dell’apparato digerente dell’Università di Genova.

– Quali sono le impressioni dopo questa prestigiosa nomina e quali le opportunità che si potranno sviluppare in futuro?
«Grande soddisfazione personale per questo importantissimo riconoscimento: essere accolti da una delle più prestigiose Istituzioni a livello mondiale è sicuramente gratificante oltre a rappresentare la legittimazione di un percorso professionale e accademico da parte di un Ateneo che così tanto ha rappresentato, e rappresenta, per la ricerca e la didattica nel mondo. Per queste ragioni la nomina di professore alla Digestive Disease Section non potrà che favorire ulteriormente la collaborazione con la nostra Università, attività peraltro già in atto da tempo, aumentando la possibilità di scambio scientifico e con l’auspicio di prospettive di crescita futura per i nostri giovani».

– Come si diventa Adjunct Full Professor presso un’Università così autorevole?
«È un processo non breve, che prevede una valutazione da parte di almeno 6 studiosi di elevatissimo livello globale che devono, indipendentemente e unanimemente, fornire un parere fortemente positivo sul curriculum del candidato. A monte della richiesta di questi pareri vincolanti vi è un’attenta valutazione da parte della Sezione, del Dipartimento e della Scuola cui si afferisce, e tutto questo è preceduto da un percorso di collaborazione scientifica già in essere tra il ricercatore e l’Università di Yale, che deve essere ritenuto di livello elevato oltre che foriero di possibili sviluppi positivi nel futuro».

– Il riconoscimento è personale, ma in qualche modo può certificare l’eccellenza della ricerca genovese in campo gastroenterologico, in particolare delle malattie del fegato?
«Ha certamente ragione: questo traguardo personale non sarebbe stato possibile senza il supporto dell’Università di Genova nel corso della mia formazione come medico, come ricercatore e come docente. Il mio percorso formativo e professionale si è sviluppato in seno al nostro Ateneo, al quale sono grato per avermi permesso di lavorare sempre con le “antenne” tese a sviluppare collaborazioni con Istituzioni estere, sia in Europa sia negli Stati Uniti, che hanno accresciuto la possibilità di sviluppare ricerche comuni in ambito gastroenterologico e delle malattie del fegato. Proprio le malattie croniche del fegato, per le quali l’Università di Yale rappresenta un’eccellenza a livello mondiale, hanno rappresentato il “terreno comune” che ha favorito questo riconoscimento, che non sarebbe stato possibile senza un curriculum che certificasse la rilevanza e i traguardi della ricerca genovese nell’ambito delle malattie e dei tumori primitivi del fegato».

– Per Montallegro Lei è uno dei protagonisti del progetto Stelle nello Sport, in merito alle dipendenze. Quali sono i temi più significativi che porta all’attenzione con questo progetto?
«Le dipendenze vengono spesso identificate solo come comportamenti caratterizzati dall’incapacità di fare a meno di sostanze tossiche, mentre nella realtà vi sono dipendenze molto più diffuse e proporzionalmente più dannose, vista la numerosità dei soggetti coinvolti, come i comportamenti alimentari scorretti. Il futuro della malattie del fegato vedrà come protagonisti, in senso negativo, gli stili di vita scorretti e le abitudini comportamentali e alimentari inadeguate. Rispetto ad altre malattie, alla base delle quali vi sono spesso alterazioni indipendenti dalla condotta personale del paziente, almeno nell’80% dei casi per le malattie del fegato vi sono fattori modificabili dal paziente stesso. In particolare, c’è l’opportunità di prevenire possibili risvolti negativi futuri per la propria salute solo con un’adeguata alimentazione – che comprende anche il ridotto consumo di bevande alcoliche – e l’attività fisica, condotte che non solo possono prevenire, o addirittura “curare”, determinate malattie del fegato come la steatosi e la steatoepatite, ma che comportano benefici per la salute in generale come la riduzione del rischio di malattie cardiovascolari o di sviluppare diabete.

A tal proposito, l’Iniziativa di Villa Montallegro “Stelle nello Sport” di portare a conoscenza dei più giovani come potersi mantenere sani – con l’auspicio che il messaggio possa essere trasferito anche ai più grandi – è lodevole: vi sono evidenze in letteratura che i possibili sviluppi di eventi negativi per il fegato nascano già nell’età dello sviluppo, e pertanto è fondamentale educare i giovani a seguire uno stile di vita che preveda la limitazione delle calorie alimentari, l’astensione dal consumo di bevande alcoliche e l’incremento dell’attività fisica: solo così, “da grandi”, sarà più difficile che abbiano necessità di una visita dall’epatologo!».

– Nelle sue attività c’è anche la libera professione in Montallegro. Quali sono in particolare le attività con cui arricchisce l’offerta della struttura?
«Il mio legame con Villa Montallegro è oramai pluridecennale, e la mia attività è prevalentemente clinica: nonostante il mio campo di ricerca sia centrato sulle malattie del fegato, il mio interesse professionale e clinico ricomprende la gastroenterologia nel senso più ampio, includendo le malattie dello stomaco e dell’intestino, per le quali svolgo attività di consulenza specialistica ambulatoriale e in degenza. Le strutture, lo spazio e i tempi messi a disposizione da Villa Montallegro sono a me congeniali e favoriscono l’interazione medico-paziente che è essenziale per l’adeguata valutazione delle malattie dell’apparato digerente».

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Redazione