L‘arteriopatia periferica degli arti inferiori è una patologia vascolare diffusa, che consiste in un restringimento o un’occlusione delle arterie che portano il sangue alle gambe. Questa condizione, se non trattata adeguatamente, può portare a complicanze severe, tra cui la comparsa di ulcere e, nei casi più gravi, il rischio concreto di amputazione. A differenza di altre malattie vascolari silenti, l’arteriopatia si manifesta con sintomi precisi, la cui tempestiva identificazione è fondamentale per un intervento efficace. Ne parliamo con il professor Giovanni Pratesi, Direttore della U.O. Clinica Chirurgia vascolare ed endovascolare dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino e Direttore della scuola di specializzazione in Chirurgia vascolare dell’Università di Genova, che abbiamo incontrato in Montallegro, struttura dove svolge la sua attività di libera professione.

«L’arteriopatia degli arti inferiori è una delle più comuni patologie a carico delle arterie che irrorano i distretti al di sotto dell’inguine» spiega il professor Pratesi. «È una malattia associata a un elevato rischio di complicanze, non ultima la comparsa di lesioni ulcerative, che a loro volta aumentano sensibilmente il pericolo di perdita dell’arto. A differenza dell’aneurisma o della patologia carotidea, l’arteriopatia si manifesta quasi sempre con dei sintomi. La fase iniziale è la claudicatio, ovvero il tipico dolore durante la deambulazione: dopo aver percorso 100 o 200 metri, il paziente avverte un crampo che lo costringe a fermarsi. In questa fase, i circoli collaterali riescono ancora a compensare l’ostruzione del vaso principale. Quando la malattia progredisce, si passa all’ischemia critica, caratterizzata da dolore anche a riposo e dalla possibile formazione di ulcere, il cosiddetto “piede diabetico“, una condizione che espone a un rischio di amputazione estremamente elevato».

La diffusione di questa patologia è in continua crescita, quasi una pandemia nei paesi industrializzati. «Il diabete è il principale fattore di rischio e il primo campanello d’allarme, tanto che oggi si parla specificamente di arteriopatia diabetica. Quando al diabete si associa il fumo, il rischio aumenta in maniera esponenziale. Per quanto riguarda le cure, l’obiettivo è ripristinare il corretto flusso sanguigno riaprendo le arterie ostruite. Oggi si prediligono tecniche mininvasive come l’angioplastica, con l’eventuale impianto di stent. Tuttavia, quando i vasi sono eccessivamente calcifici – una condizione aggravata proprio dal diabete – queste procedure non sono sempre eseguibili. In questi casi, la chirurgia tradizionale riveste ancora un ruolo fondamentale: si esegue un bypass femoro-popliteo o femoro-tibiale, utilizzando un segmento di vena del paziente per aggirare l’ostruzione e preservare così l’integrità dell’arto».