Pietro (Piero) Berrino è stato eletto a Napoli presidente della SICPRE, la Società Italiana di Chirurgia Plastica Ricostruttiva-rigenerativa ed Estetica. Si tratta della più antica e rappresentativa associazione di chirurghi plastici in Italia, fondata a Roma nel 1934 e che oggi conta più di 1500 soci. Nello stesso contesto, Franco Migliori, specialista in chirurgia plastica, è stato eletto nel Collegio dei probiviri.

Abbiamo intervistato il neo-presidente per discutere gli obiettivi prioritari del suo mandato e le sfide future di una disciplina tanto complessa quanto, a volte, percepita in modo parziale dal grande pubblico.

– Dottor Berrino, quali sono le priorità del suo mandato?
«L’obiettivo primario è rivalutare l’immagine della chirurgia plastica e del chirurgo plastico, che recenti rappresentazioni mediatiche hanno svilito. Esistono aree di malcostume, su cui interverremo con decisione, ma è nostro dovere distinguere un mondo parallelo di irregolarità da un mondo professionale estremamente attento alla sicurezza e ai bisogni del paziente».

– Come agirete concretamente?
«Attraverso la normativa. Lavoreremo con le autorità e gli organi di controllo per produrre regole più stringenti. Un aspetto cruciale sarà, per esempio, rendere obbligatoria l’evidenza pubblica dell’autorizzazione di studi e strutture. Il paziente deve sapere immediatamente se un locale è autorizzato solo per visite o anche per interventi chirurgici, e quali. Ogni struttura dovrà avere un’indicazione chiara del livello di autorizzazione e dell’elenco degli interventi eseguibili».

– L’opinione pubblica tende a ridurre la chirurgia plastica alla sola estetica, dimenticando il valore fondamentale della chirurgia ricostruttiva. Come comunicare efficacemente tutto questo?
«È parte della stessa valorizzazione. Si pensa erroneamente al chirurgo plastico come all’esecutore di “interventini” estetici. Usando un’analogia, è come confondere l’architetto che progetta un ponte con chi ristruttura una cucina. Chi padroneggia la chirurgia ricostruttiva sull’intera superficie corporea saprà gestire non solo il dettaglio estetico, ma anche, e soprattutto, la complicanza».

– Nel nome della società è incluso anche il termine “rigenerativa”. Qual è il significato e l’impatto di questa branca?
«La chirurgia plastica è stata la disciplina pioniera della chirurgia rigenerativa, per questo l’abbiamo inserita nel nome. Siamo stati i primi a utilizzare il lipofilling (o lipostruttura), non solo come riempimento volumetrico, ma come vera rigenerazione tissutale. Un esempio è il trattamento degli esiti da radioterapia: tessuti prima rigidi e assottigliati, dopo il trattamento si rigenerano, tornando morbidi e plicabili. Oggi questa innovazione è adottata da molte altre specialità, dall’ortopedia fino alla veterinaria».

– In che modo la SICPRE interverrà sulla formazione degli specialisti?
«Il nostro ruolo è centrale nell’aggiornamento. Gli specialisti in uscita dalle scuole universitarie necessitano spesso di implementare la formazione in chirurgia estetica. Per questo, metteremo a disposizione corsi di aggiornamento e corsi pratici dedicati. Vi è poi un tema normativo: stiamo lavorando, di concerto con gli universitari, affinché il Ministero autorizzi la frequenza degli specializzandi degli ultimi anni anche presso strutture private qualificate, dove si pratica prevalentemente chirurgia estetica. Attualmente possono frequentare “fuori rete” solo strutture pubbliche, il che è limitante per la nostra peculiare disciplina».

– Guardando al futuro, qual è la sfida principale per la disciplina?
«La sfida più grande risiede ancora nella chirurgia rigenerativa. Penso allo sviluppo di linee cellulari create in laboratorio, che permetteranno risultati oggi inimmaginabili. La chirurgia plastica è centrale in questo sviluppo. Sarà un percorso che richiederà anni, anche per superare i complessi ostacoli autorizzativi necessari prima che un tessuto creato ex-vivo possa essere reimpiantato».