Uno dei temi di maggiore interesse sui quali sta progredendo la medicina è il concetto di “ospedale senza dolore“. Concetto che vale sia per quanto riguarda gli interventi operatori – e quindi l’anestesia – sia per la cosiddetta attività “perioperatoria” cioè la gestione del dolore e della cura anche oltre (prima e dopo) la sala operatoria. I compiti degli anestesisti si allargano quindi a fasi che precedono e seguono gli interventi chirurgici.

Il tema è già stato affrontato in passato su “Montallegro Magazine”.

Per quanto riguarda il post-operatorio, per esempio, su queste pagine il dottor Gianfranco Mazzarello ricordava l’impegno realizzato in Montallegro per la limitazione del dolore con sistemi legati all’auto somministrazione di farmaco da parte del paziente sotto controllo di un piccolo computer.

L’ecografo per infiltrare anestetico

Giovanni Mancuso

Dal punto di vista operatorio, invece, Montallegro da almeno tre anni, oltre all’ormai abituale ENS o elettroneurostimolazione (= esecuzione di anestesie loco-regionali mediante blocchi nervosi periferici), utilizza l’ecografo. Spiega il dottor Giovanni Mancuso, uno dei componenti dell’équipe di anestesisti di Montallegro: «La tecnica consiste nell’infiltrare anestetico locale sotto guida ecografica nelle zone tra alcune specifiche fasce muscolari». Il sistema si utilizza in ortopedia (come aveva spiegato a “Montallegro Magazine” il dottor Luca Cevasco), in chirurgia toracica e soprattutto nella chirurgia della mammella.

Una tecnica riguarda il blocco delle erector spinae (un insieme costituito dai muscoli spinali, il lunghissimo del dorso e l’ileocostale), che consente un’ottima analgesia post-operatoria negli interventi di chirurgia toracica polmonare ma soprattutto è adiuvante negli interventi sulla mammella e che coinvolgono la fascia toracica e il cavo ascellare.

Per quanto riguarda la chirurgia della mammella, sono in uso i seguenti blocchi oltre all’Esp block (erector spinae): Pecs 1, Pecs 2 Blocks e Serratus Block, dove Pecs sta per pectoralis e consiste nell’infiltrare gli spazi compresi rispettivamente tra i muscoli grande pettorale e piccolo pettorale (Pecs1) e tra il muscolo piccolo pettorale e il dentato anteriore (Pecs 2) e serratus (dentato) che consiste nell’infiltrare lo spazio tra il muscolo dentato e il muscolo gran dorsale.

Questi blocchi possono essere utilizzati per due scopi: a) effettuare intervento in anestesia locale pura, cioè a paziente sveglio più o meno sedato, b) avere un ottimo livello di analgesia post operatoria su interventi di chirurgia mammaria maggiore (mastectomia con ricostruzione). Insomma – spiega Mancuso – «lo scopo è derubricare quello che potrebbe essere un dolore di intensità medio grave a un fastidio, minimizzando l’utilizzo di analgesici endovenosi nel postoperatorio».

L’utilizzo di questa tecnica attuata grazie all’ecografo è in uso in Montallegro dal 2018 ed è stata utilizzata per “interventi a paziente sveglio” in otto interventi di chirurgia mammaria maggiore (neoformazioni in stadio avanzato di malattia che hanno richiesto un approccio chirurgico demolitivo e radicale): due di questi hanno riguardato pazienti ultranovantenni per le quali un’anestesia generale avrebbe potuto costituire un problema viste le condizioni di partenza dovute alle comorbilità presenti. Per lo scopo analgesico – ossia anestesia locoregionale associata ad anestesia generale – in Montallegro sono stati già effettuati 46 interventi. I chirurghi maggiormente interessati a questi interventi sono stati il dottor Giuseppe Canavese e il dottor Stefano Spinaci. Entrambi segnalano che, oltre a tutti i benefici pre, intra e post chirurgici, questa tecnica ha consentito di eseguire mastectomie totali in pazienti ultranovantenni con lesioni ulcerate, praticamente da sveglie. E aggiungono che l’anestesia ecoguidata è adatta a interventi per sarcomi delle parti molli e tipologie diverse di tumori cutanei in pazienti molto anziane.

Stefano Spinaci

Giuseppe Canavese

«La tecnica – riassume Mancuso – è utilizzabile in tutti i casi di chirurgia mammaria maggiore o nei casi in cui il rapporto rischio-beneficio sia più favorevole all’anestesia locoregionale, come per esempio BPCO (broncopneumopatia cronica ostruttiva) importanti, cardiopatie severe, iniziale compromissione dell’attività cognitiva».

I problemi da risolvere

Come ogni tecnica all’avanguardia, anche l’utilizzo dell’ecografo presenta qualche limite. Questi i limiti indicati dal dottor Mancuso. Come tutte le tecniche ecoguidate, questo tipo di anestesia dipende dall’abilità dell’operatore. Poi si presentano problemi tipicamente sanitari come la complessità dell’innervazione (alcune fibre cervicali e controlaterali che possono afferire alla regione potrebbero restare “scoperte” dall’anestetico locale) e la lateralità: se l’intervento è bilaterale è difficile ottenere un adeguato livello di analgesia senza incorrere nel rischio di sovradosaggio. Inoltre una pregressa chirurgia mammaria e/o radioterapia avendo alterato l’anatomia della struttura muscolare, può rendere più difficile e in taluni casi impossibile, individuare con precisione il sito di infiltrazione.

Un problema può dipendere anche dal chirurgo che, ovviamente, deve agire in stretta collaborazione con l’anestesista: «Ogni caso viene discusso e valutato collegialmente e pertanto si decide sempre di comune accordo quale tecnica possa rappresenta la migliore soluzione per il paziente. – afferma Mancuso – Tuttavia un limite per il chirurgo può essere costituito dal fatto che l’anestetico locale può scorrere lungo le fasce e depositarsi in alcuni siti (ad esempio nel cavo ascellare) rendendo più difficile l’atto chirurgico avendo determinato il cosiddetto “infarcimento dei tessuti”».

I benefici per il paziente

Dal punto di vista del paziente, comunque, i benefici sono notevoli anche nel quadro del progetto perseguito dagli anestesisti di Montallegro di una “clinica senza dolore”.

Per i dettaglio dei benefici seguiamo le spiegazioni del dottor Mancuso.

Nel caso di anestesia locoregionale (e non generale) possono essere effettuati interventi che in passato avrebbero posto in condizione di alto rischio il paziente. In sostanza questa tecnica ha aumentato la sicurezza per il paziente e, in alcuni casi, ha addirittura consentito l’operabilità.

Nel caso di associazione con anestesia generale (scopo analgesico) i benefici sono parecchi. La tecnica consente, prima di tutto, di ridurre i quantitativi di anestetici generali utilizzati durante l’intervento con conseguenti minori effetti collaterali e consente la successiva riduzione di analgesici dopo l’intervento chirurgico. Il paziente, inoltre, ha una più rapida ripresa dall’anestesia generale (solitamente già dopo 30 minuti dal risveglio anche su interventi di 5-6 ore le pazienti sono in grado di alzarsi brevemente) ed è dimostrato il miglioramento del benessere generale dato dall’assenza o quasi assenza di dolore con conseguente più rapido recupero.

Scritto da:

Mario Bottaro

Giornalista.