Un genovese, Gian Andrea Binda, dal 1993 al 2018 responsabile dell’Unità di Coloproctologia e dal 2006 al 2018 del Centro di eccellenza di Proctologia dell’Ospedale Galliera, firma assieme a un gruppo di scienziati europei le nuove linee guida per la gestione sanitaria della malattia diverticolare del colon approvate e pubblicate dall’European Society of Coloproctology sulla rivista Colorectal Disease, organo ufficiale della società.

Gli altri firmatari delle linee guida, assieme a Binda, sono gli italiani G. Barbara (Università di Bologna), S. Di Saverio (Cambridge e Università di Varese) e D. Tartaglia (Università di Pisa), i norvegesi J. K. Schultz e A. Johanssen, gli svedesi N. Azhar, A. Chabok, A. Samuelsson, A. Thorisson, E. Angenete, lo spagnolo S. Biondo, gli olandesi M. A. Boermester, W. Bemelman, E. C. J. Consten, S. T. van Dijk e D. Lambrichts, i tedeschi W. Kruis e  S. Post, l’irlandese C. Winter, lo svizzero F. Ris e l’inglese T. A. Rockall. Nella bibliografia che accompagna le linee guida appaiono ben sei pubblicazioni di cui Binda è autore o coautore,

Gian Andrea Binda

Parliamo con Gian Andrea Binda, che attualmente svolge attività libero professionale in Montallegro, delle novità contenute in queste linee guida.

– Partiamo dall’inizio: che cosa sono i diverticoli del colon?

«I diverticoli del colon sono estroflessioni dello strato mucoso e sieroso attraverso aperture dello strato muscolare che si formano lungo le pareti intestinali. Viene definita una malattia del benessere ed è diffusa soprattutto nei Paesi industrializzati. Le principali cause a oggi correlate con la loro insorgenza sono: fattori genetici, una dieta povera di fibre e l’obesità. ».

– Quando accade che i diverticoli diventano una malattia?

«La presenza di diverticoli in assenza di sintomi non è da considerarsi una malattia e come tale non richiede alcun trattamento né alcuna limitazione dietetica. La presenza di sintomi riferibili alla presenza di diverticoli del colon viene definita malattia diverticolare: può essere “non complicata” o “complicata”. La malattia diverticolare non complicata è definita come la presenza di sintomi cronici quali saltuari dolori addominali e alterazioni dell’alvo – cioè del transito intestinale – in un paziente con diverticolosi del colon: la scienza attuale al riguardo non ci permette di dare una definizione precisa della malattia diverticolare non complicata e spesso è difficile da distinguere da una sindrome dell’intestino irritabile, che presenta sintomi in gran parte sovrapponibili, tanto che spesso viene trattata come tale. La malattia complicata viene suddivisa in cronica, per presenza di fistole con vescica o vagina o restringimenti sintomatici del colon, e acuta, dovuta a infiammazione (diverticolite) o emorragia».

– Si tratta di una malattia in aumento, vero?

«La malattia diverticolare e i conseguenti ricoveri presentano un aumento di incidenza significativo negli ultimi 20 anni: in Italia i ricoveri per diverticolite tra il 2008 e il 2015 sono aumentati del 30%. Ferma restando la maggiore incidenza nelle fasce di età più anziane (sopra i 60 anni), l’incremento più significativo degli ultimi anni è stato registrato a carico delle fasce di età più giovani, cioè con meno di 45 anni».

– E quando si parla di diverticolite acuta?

«La diverticolite acuta è un’infiammazione peridiverticolare di un tratto di parete intestinale colica e ,usualmente, dei tessuti a esso circostanti. Si presenta con sintomi quali il dolore addominale acuto, febbre e un aumento di globuli bianchi e PCR, proteina C reattiva: la diagnosi va comunque confermata con un esame diagnostico e tra questi il più attendibile è la TAC dell’addome».

– Esistono vari tipi di diverticolite acuta? Quali i rimedi?

«La diverticolite acuta non complicata (infiammazione del colon senza ascessi o segni di perforazione libera) va trattata medicalmente senza necessità di ricovero e, secondo alcuni recenti studi, senza necessità di antibiotici se non in pazienti fragili o immunodepressi. Ormai da molti anni anche l’indicazione a un trattamento chirurgico della diverticolite acuta complicata in elezione e in urgenza si è molto ridotta rispetto al passato».

– Vale a dire che l’intervento chirurgico non è sempre necessario?

«Se consideriamo l’indicazione a un intervento chirurgico in elezione, una volta risolti degli episodi di diverticolite acuta, le linee guida internazionali pubblicate sino a fine anni ‘90 stabilivano l’indicazione a un intervento “profilattico”, e cioè mirato a evitare una recidiva, dopo due attacchi di diverticolite acuta e addirittura dopo un attacco se il paziente aveva meno di 50 anni. Gli studi più recenti sulla storia naturale della malattia hanno evidenziato come il rischio di recidiva sia molto inferiore a quanto ritenuto in passato. Oggi il numero dei pregressi episodi di diverticolite non costituisce più di per sé l’indicazione a un intervento chirurgico ma l’indicazione è data dall’eventuale persistenza di sintomi cronici valutando, caso per caso, l’impatto che questi hanno sulla la qualità di vita del paziente alla luce anche delle condizioni generali del paziente. La decisione deriva quindi da una valutazione e successiva condivisione tra medico e paziente dei possibili vantaggi e rischi dell’eventuale trattamento chirurgico».

– Quando, invece, l’intervento diventa necessario?

«La presenza di una fistola colo-vescicale o colo-vaginale e una stenosi (cioè un restringimento) cronica sintomatica del colon costituiscono un’indicazione di massima a un intervento chirurgico in elezione. La diverticolite acuta complicata da ascesso o segni di perforazione senza i segni di peritonite diffusa, oggi viene approcciata in maniera conservativa medica ed eventualmente mini invasiva, vedi drenaggio sotto guida TAC o ETG di ascessi, riservando la chirurgia a un fallimento della terapia conservativa iniziale. La presenza di una peritonite diffusa da perforazione diverticolare del colon è invece un’indicazione assoluta a un intervento chirurgico in urgenza».

 

 

Scritto da:

Mario Bottaro

Giornalista.