Diabesity, quando il peso alimenta il diabete
L'endocrinologo Roberto Della Vecchia spiega il legame tra aumento di peso e diabete e le nuove frontiere terapeutiche per gestirlo
Cuore al centro
Per descrivere la relazione sempre più stretta e pericolosa tra diabete e obesità è stato coniato un neologismo: diabesity. Il termine, nato dalla fusione delle parole inglesi diabetes e obesity, fotografa un’emergenza sanitaria in crescita, che vede l’aumento di peso come uno dei principali fattori di rischio per l’insorgenza del diabete mellito di tipo 2. Per approfondire le cause, i meccanismi e le più recenti strategie terapeutiche, abbiamo incontrato in Montallegro Roberto Della Vecchia, specialista in Endocrinologia, Geriatria e Gerontologia.
«Il grasso addominale, in particolare quello viscerale, è una vera e propria fabbrica di sostanze chimiche, le citochine, che contrastano l’effetto dell’insulina. Di conseguenza, il primo obiettivo in un paziente diabetico in sovrappeso, o a maggior ragione obeso, è ottenere un significativo calo di peso» spiega Della Vecchia.
Quando un cambiamento dello stile di vita e l’attività fisica non si rivelano sufficienti, la strategia terapeutica può avvalersi di farmaci specifici di nuova generazione. «Oggi abbiamo a disposizione gli agonisti del recettore del GLP-1 (Glucagon-like peptide-1), nello specifico la semaglutide e la tirzepatide, che aiutano a regolare la glicemia e l’appetito».
L’approccio farmacologico, per quanto efficace, richiede però un’attenta valutazione da parte dello specialista, a causa di precise controindicazioni ed effetti collaterali. «Questi farmaci non sono indicati in caso di storia personale di tumori midollari della tiroide o di pancreatiti acute. Inoltre, non devono essere utilizzati in presenza di una retinopatia diabetica scompensata, nel diabete di tipo 1, in gravidanza e durante l’allattamento. Non sono privi di effetti collaterali, che possono includere nausea, vomito e disturbi dell’alvo come diarrea o stitichezza, e in alcuni casi ipoglicemia».
Se gestiti correttamente, però, i benefici sono notevoli. «La terapia va iniziata in modo graduale, partendo dal dosaggio minimo per poi aumentarlo ogni quattro settimane, fino a raggiungere la dose massima in circa quattro mesi. Seguendo questo approccio per un periodo di sei-otto mesi, si può ottenere un calo ponderale del 10-15% rispetto al peso iniziale» conclude Della Vecchia.