Come si opera l’adenoma prostatico
Tecniche laser mini-invasive e ultra-soft: il presente e futuro della chirurgia prostatica
Mi dica, dottore
L’approccio chirurgico alla terapia dell’adenoma prostatico ha subito una profonda evoluzione negli ultimi anni, abbandonando protocolli standardizzati in favore di strategie personalizzate. A fare il punto è Carlo Ambruosi, direttore del reparto di Urologia dell’Ospedale Villa Scassi di Genova, che abbiamo incontrato in Montallegro, da Lui scelta per l’attività in libera professione intramuraria.
«Dal punto di vista terapeutico e chirurgico, il trattamento per l’adenoma prostatico può essere definito “su misura”, poiché disponiamo oggi di una variegata tipologia di opzioni che dipendono dalle dimensioni della ghiandola prostatica, dalla sintomatologia, dalla presenza di patologie associate e dall’età del paziente. Per gli adenomi di piccole dimensioni — inferiori ai 60-70 grammi — il trattamento d’elezione è quello endoscopico: resezione prostatica transuretrale bipolare (Turp).
Ciò significa che l’intervento viene eseguito in assenza di incisioni chirurgiche esterne: si opera attraverso le vie naturali, ovvero l’uretra, procedendo all’asportazione del tessuto adenomatoso che causa l’ostruzione al deflusso urinario e compromette il corretto svuotamento vescicale».
Quando il quadro clinico presenta volumi ghiandolari più importanti, la tecnologia offre soluzioni differenti ma ugualmente efficaci. «Per adenomi di dimensioni maggiori, superiori ai 60 grammi fino a raggiungere i 100-120 grammi, il gold standard è rappresentato dalla tecnologia laser, a Olmio (HoLEP) o a Tullio (ThuLEP). In questo contesto, la procedura consiste in un’enucleazione completa dell’adenoma, eseguita sempre per via endoscopica, senza necessità di accessi chirurgici a cielo aperto. Esiste un’ulteriore opzione rappresentata dal Green laser, che agisce con la vaporizzazione tissutale; questa metodica è applicabile anche ad adenomi di medie dimensioni e riveste particolare importanza poiché consente il trattamento in sicurezza nei pazienti scoagulati, ossia che assumono farmaci anticoagulanti».
L’innovazione conduce l’operatore verso soluzioni sempre meno invasive. «Meritano un accenno anche i trattamenti ultra mininvasivi che utilizzano vapor acqueo o getto idrico, che hanno recentemente preso piede per la gestione della patologia con tecnica soft, eseguibile talvolta anche in anestesia locale. Infine, l’adenomectomia prostatica transvescicale rappresenta oggi un’opzione estremamente limitata, riservata a rari casi di adenomi molto voluminosi.
Costituisce meno del 5% delle procedure totali ed è divenuta un trattamento di nicchia, poiché fortunatamente le tecniche mininvasive hanno ormai acquisito un ruolo predominante».