Nell’ambulatorio di chirurgia dell’apparato digerente di Montallegro, al primo piano di Villa Chiara, il dottor Emanuele Romairone incontra una paziente e risponde alle sue domande e ai suoi dubbi.

– Dottore, ho 63 anni e sono sempre stata bene. Da qualche mese, però, anche una piccola camminata mi fa venire l’affanno. Il mio medico mi ha prescritto gli esami del sangue e la ricerca di sangue occulto nelle feci. Mi spiega il perché?
«Sicuramente esiste un sospetto di anemizzazione e tra le cause di anemia superati i 50 anni di età, va indagato l’intestino e nello specifico il colon. La ricerca di sangue occulto nelle feci consiste nel rinvenire tracce di sangue non visibili a occhio nudo. Questo esame che viene chiamato di screening è un ottimo mezzo per scoprire se esistono dei tumori all’intestino, anche se il sanguinamento può essere dovuto ad altre condizioni di assoluta benignità come emorroidi, ragadi, diverticoli, polipi o malattie infiammatorie dell’intestino».

– Se l’esame è negativo posso stare tranquilla?
«L’esame va ripetuto, così come consigliato nei programmi di screening, perché alcune volte, il tumore o il polipo pur essendo presenti, il giorno dell’esame possono essere silenti e non sanguinare».

– Esistono altri esami che danno maggiore certezza?
«In assoluto l’esame fondamentale, nel caso in cui dovesse esistere un sospetto di tumore del colon, è la colonscopia, una procedura diagnostica che permette di visualizzare tramite un tubo flessibile con l’ausilio di una telecamera le pareti dell’intestino e al tempo stesso eseguire delle biopsie sulla parete del colon o sui polipi e addirittura consentire l’asportazione degli stessi con l’ausilio di apposite “sonde”».

– Il dolore che ogni tanto avverto al fianco destro può essere dovuto a un tumore?
«I tumori del colon spesso restano asintomatici per anni e la sintomatologia varia a seconda della sede nella quale si sviluppano e vanno quindi interpretati nell’ambito generale del quadro clinico del paziente. Nel suo caso, il medico sospetta un tumore del colon destro, perché trattandosi di un tratto di intestino a lume piuttosto ampio e con un contenuto di feci ancora liquide, è più facile che abbia dato problemi di sanguinamento cronico con relativa anemizzazione, piuttosto che restringimento del lume e quindi occlusione intestinale».

– Se dagli esami si scopre che ho un tumore al colon destro cosa devo fare?
«Dopo aver fatto una stadiazione che significa TAC e visita oncologica, deve essere sottoposta a un intervento chirurgico che consiste nell’asportazione di quella parte dell’intestino interessato dalla malattia, nel suo caso dovrebbe essere portato via tutto il colon destro che comprende l’appendice, l’ultimo tratto del piccolo intestino e un’altra parte del colon che si chiama trasverso. Poi si farà la sutura, la “saldatura” tra il piccolo intestino “tenue” e il grosso intestino “colon trasverso”, in maniera tale che la funzionalità intestinale, con il transito delle feci avvenga regolarmente».

– Posso sperare di guarire?
«Certamente, la percentuale di sopravvivenza a distanza è molto alta. Oggi, grazie alla chirurgia che viene fatta soprattutto in maniera mininvasiva “con i buchini”, con risultati sovrapponibili se non migliori alla chirurgia aperta e, all’individuazione di una sequenza ottimale nella somministrazione dei farmaci – le cosiddette terapie mirate – è possibile raggiungere il traguardo della guarigione».

– Quali sono i rischi dell’operazione?
«L’atto chirurgico senza rischi purtroppo non esiste. Come sempre le complicanze vanno suddivise in maggiori, minori, precoci e tardive. Nel suo caso le due complicanze maggiori possono essere l’emorragia post-operatoria e la mancata tenuta della “saldatura dell’intestino”, entrambi necessitano di un altro intervento di correzione. Naturalmente, anche se queste complicanze sono ridotte al “lumicino”, esistono e devono essere portate a conoscenza del paziente. Le altre complicanze tardive e minori sono la possibile comparsa di ernie nella sede delle incisioni chirurgiche oppure di “cicatrici brutte”, cheloidi, che dipendono generalmente dai processi di cicatrizzazione della pelle».

– Quanti giorni devo stare in ospedale? Tornata a casa posso mangiare normalmente?
«La degenza media, soprattutto se la metodica utilizzata è la laparoscopia, si aggira sui quattro/cinque giorni. I farmaci oggi utilizzati per l’anestesia consentono un recupero rapidissimo e quasi l’azzeramento del rischio di vomito, al punto che già dal secondo giorno noi invitiamo l’ammalato a mangiare gradualmente fino allo standard, con una canalizzazione che si stabilizzerà alla normalità nell’arco di una settimana dopo la presenza iniziale di diarrea».

– Avrò bisogno di terapie? Verrò seguita?
«Dopo la dimissione e all’arrivo dell’esame istologico verrà presa in carico, nell’eventualità ci fossero le indicazioni, dai colleghi oncologi con i quali è stata fatta la valutazione preoperatoria, per stabilire un programma terapeutico e un follow-up oncologico, altrimenti verrà normalmente seguita dal nostro ambulatorio divisionale dedicato, con visite cadenzate che verranno comunicate di volta in volta e con il passare degli anni sempre più dilazionate».

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