La chirurgia dello sguardo rappresenta una delle frontiere più interessanti della moderna medicina estetica e funzionale. Non si tratta semplicemente di rimuovere la pelle in eccesso, ma di comprendere e rispettare l’architettura del volto, preservando l’identità del paziente. Abbiamo approfondito il tema con Francesco Bernardini, specialista in Oculoplastica e chirurgia dello sguardo, incontrato in Montallegro, sede genovese per l’attività di consulenza e chirurgia in libera professione.

– In che cosa consiste la blefaroplastica e quali problematiche risolve?
«La blefaroplastica è un intervento di complessità variabile che riguarda la regione dello sguardo e può essere distinta in superiore, inferiore o completa. Nella mia esperienza la casistica più rilevante è quella completa, poiché affrontiamo problematiche che insorgono normalmente con il passare degli anni. I disturbi possono essere di due tipi: estetici e funzionali. Per quanto riguarda la componente funzionale, il peso della pelle sulla palpebra superiore tende, soprattutto nella parte laterale, ad appoggiarsi e a sorpassare le ciglia. Questo determina una riduzione del campo visivo, oltre a un senso di peso e affaticamento della funzione visiva. Ovviamente, la stessa pelle che causa il problema funzionale genera anche un inestetismo, spesso poco gradito specialmente alle pazienti donne».

– Esiste un approccio standard valido per tutti i pazienti?
«Assolutamente no. Il termine “blefaroplastica superiore” è una definizione generica che include numerose varianti della tecnica chirurgica. È essenziale adattare le tecniche all’aspettativa e al volto del singolo paziente. Un esempio cruciale è la differenza tra uomo e donna. La parte superiore – fronte, sopracciglia e pelle della palpebra – costituisce un carattere sessuale secondario. Il maschio presenta un sopracciglio più basso, più pesante, con pelle che tende a coprire la parte mobile della palpebra. Nelle donne è vero il contrario: sopracciglia alte, arcuate “a gabbiano” e grande esposizione della palpebra mobile. Eseguire lo stesso intervento su entrambi significherebbe perdere questa differenziazione».

– Anche all’interno dello stesso genere ci sono differenze da considerare?
«Certamente. Anche nella componente femminile esistono varianti: c’è lo sguardo profondo con separazione netta tra palpebra mobile e parte alta, ma c’è anche l’occhio allungato e “incappucciato”. Se operassimo quest’ultimo con la tecnica standard, trasformeremmo tutto in uno sguardo tondo e profondo, cambiando radicalmente la conformazione dell’occhio e scontentando la paziente. Il rispetto della forma naturale dello sguardo è determinante: è la nostra impronta digitale di riconoscimento e piccole variazioni possono alterare il messaggio espressivo».

– Passando alla blefaroplastica inferiore, quali sono le sfide principali e come le affronta?
«Le problematiche tipiche includono occhiaie, borse e pelle lassa. Molti colleghi tendono ad associare tecniche di cantopessi o cantoplastica per “proteggere” l’intervento, ma questo rischia di alterare la forma dell’occhio. Per rispettare la naturalezza, ho sviluppato una tecnica che affronta l’invecchiamento della palpebra inferiore senza necessariamente modificare il canto, salvo casi specifici. Dobbiamo considerare che la palpebra inferiore invecchia spesso più della superiore, poiché il muscolo orbicolare è sottoposto alla dinamica delle espressioni: sorridendo, la guancia sale, il muscolo si contrae e la pelle si increspa, creando rughe e lassità precoci».

– Ci può spiegare, con un esempio, come corregge i difetti di volume come borse e occhiaie?
«Utilizzo spesso l’analogia della montagna e della valle. L’occhiaia è la valle, determinata dall’inserzione del muscolo sull’osso; la borsa di grasso soprastante è la montagna. Più è alta la montagna, più sembra profonda la valle. Per correggere questo difetto, stacco il muscolo dall’osso, prelevo il grasso in eccesso – la cima della montagna – e lo utilizzo per riempire il fondovalle. Otteniamo così una superficie piana e uniforme. Tensionando successivamente la pelle e il muscolo orbicolare verso l’alto, senza modificare la fessura dell’occhio, miglioriamo in modo netto l’area tra palpebra e guancia, che rappresenta il centro estetico del viso».

– Quindi lei concepisce l’intervento non come una correzione isolata, ma come un lavoro su un’area più vasta?
«Esatto. Il ringiovanimento dello sguardo deve essere inteso come un’unità estetico-funzionale. La palpebra superiore è collegata alla fronte e al sopracciglio; il canto laterale alla tempia; la palpebra inferiore alla guancia. Limitare la chirurgia alla sola blefaroplastica superiore, lasciando le aree circostanti non trattate, crea un contrasto disarmonico. Per questo motivo preferisco combinare blefaroplastica superiore e inferiore o, se necessario, estendermi ad altre tecniche per garantire un risultato omogeneo e naturale».