Proseguiamo l’approfondimento sul tema dell’antibiotico-resistenza, una delle sfide sanitarie più urgenti del nostro tempo. Come analizzato in precedenza, i dati prospettici al 2050 impongono un cambio di passo immediato per invertire la curva della mortalità legata alle infezioni batteriche.

Se da un lato lo sguardo è rivolto alla ricerca – con Montallegro scelta dal Ministero della Salute, unica struttura privata a Genova, per il progetto pilota del Piano nazionale di contrasto dell’antimicrobico-resistenza (PNCAR) 2022-2026 che correla i consumi ospedalieri ai residui nelle acque reflue insieme a Istituto Mario Negri e Cnr – dall’altro i risultati odierni poggiano su basi già solide.

La struttura raccoglie infatti i frutti di un percorso rigoroso sull’uso appropriato dei farmaci, impostato con visione dal compianto direttore sanitario Roberto Tramalloni. Il piano triennale (2020-2022) per la prevenzione delle infezioni ospedaliere ha determinato una riduzione dell’indice di pressione antibiotica di quasi quattro punti percentuali, posizionando la struttura in una fascia d’eccellenza. Un fattore chiave è stato l’aumento esponenziale degli antibiogrammi che ha permesso, come sottolineato da Carlotta Meirana – farmacista, responsabile procurement e componente del Quality Team di Montallegro – di «utilizzare antibiotici più selettivi per combattere le antibiotico-resistenze». Oggi Montallegro opera all’interno di un piano quinquennale che conferma il trend virtuoso: il consumo di antibiotici a largo spettro diminuisce progressivamente anno dopo anno.

Per comprendere come questi dati si traducano nella pratica clinica quotidiana, abbiamo approfondito le strategie con tre specialisti della struttura.

Distinguere tra terapia e profilassi: l’analisi clinica

Giovanni Cassola, specialista in Malattie infettive e già direttore della Struttura complessa di Malattie infettive dell’Ospedale Galliera, spiega come l’analisi dei dati sia stata essenziale in Montallegro per ridurre la pressione antibiotica. «Siamo partiti dallo studio della situazione iniziale, per capire quante molecole venivano usate, per quanto tempo e con quali indicazioni. L’analisi ha permesso di distinguere nettamente tra due ambiti: la terapia – per patologie acute in atto – e la profilassi, ovvero la prevenzione in chirurgia».

Per quest’ultima è stato redatto un protocollo rigoroso. «La profilassi antibiotica serve a garantire la massima protezione dalle infezioni post-operatorie e va somministrata in un’unica soluzione immediatamente prima dell’intervento. In passato, ovunque, si assisteva a somministrazioni che iniziavano giorni prima o proseguivano inutilmente dopo l’operazione. Questo creava solo resistenza agli antibiotici». La strategia attuale prevede l’uso di molecole specifiche: «Per la profilassi usiamo farmaci che non si utilizzano normalmente nella terapia, così da non intaccare l’efficacia di quelli di ultima generazione, che invece riserviamo in modo mirato alla cura delle infezioni attive».

Per quanto riguarda la terapia, la parola d’ordine è “razionalizzazione“. «Si è battuto molto sul fatto di usare antibiotici il più possibile mirati. Se c’è una coltura, si colpisce il germe presente; se non c’è, si ragiona empiricamente ma con cognizione. L’abuso stanca: anche se la molecola è corretta, prolungare la terapia oltre il necessario genera effetti negativi» conclude l’infettivologo.

In sala operatoria: creare un ambiente ostile al germe

L’applicazione di questi concetti in chirurgia è vitale. Il dottor Federico Santolini, direttore dell’Unità operativa complessa di Ortopedia e Traumatologia d’urgenza del Policlinico San Martino, utilizza un riferimento storico per chiarire l’obiettivo della short-term prophylaxis.

«Come già sosteneva Pasteur nel 1800, il germe cresce laddove c’è un ambiente favorevole. L’obiettivo del chirurgo è dunque modificare il “terreno di scontro”. Dobbiamo creare un ambiente sfavorevole all’impianto dei batteri. Con la short-term prophylaxis, ovvero un’iniezione di antibiotico subito prima dell’intervento, facciamo sì che al momento dell’incisione il germe non possa sopravvivere in quello spazio, trovando il farmaco che lo neutralizza».
Santolini ribadisce il valore dell’essenzialità: «Utilizzare l’antibiotico il meno possibile e solo quando serve evita che i germi – biologicamente molto veloci ad adattarsi – sviluppino resistenze a farmaci sempre più potenti».

La responsabilità del paziente e lo sguardo al futuro

A chiudere il quadro è il professor Matteo Bassetti, direttore della Clinica Malattie infettive del San Martino, che allarga l’orizzonte dalla gestione ospedaliera alla ricerca.

«Quello che abbiamo fatto a Montallegro è stato avveniristico, anticipando modelli che oggi applichiamo in Regione Liguria con il “Progetto Amico”». Tuttavia, la battaglia contro i batteri resistenti non si combatte solo in corsia, ma anche attraverso la cultura medica e i comportamenti dei cittadini. «Esiste un problema strutturale nella ricerca farmaceutica: sviluppare nuovi antibiotici è oneroso e poco redditizio per le aziende, motivo per cui sarebbero necessari incentivi governativi per la ricerca, onde evitare di trovarsi “disarmati” nei prossimi decenni».

Nel frattempo, il professore stila un vademecum essenziale per i cittadini, spesso inconsapevoli complici dell’antibiotico-resistenza:

No al “fai da te” con i blister avanzati. «Se avanzi una scatola di antibiotici, riportala in farmacia. Non tenerla nel cassetto: il rischio è di usarla impropriamente in futuro per sé o per i familiari».

Rispetto degli orari. «Se la prescrizione è ogni 8 ore, vanno presi a orari precisi (per esempio ore 8, 16, 24), non in base ai turni di lavoro o alla comodità. Il ritmo è fondamentale per l’efficacia».

Ciclo completo. «Mai sospendere la terapia appena passano i sintomi. I giorni finali servono a evitare recidive e che il batterio si rinforzi».

Diagnosi precisa. «Non usare antibiotici per infezioni virali come influenza o Covid. Oggi esistono test rapidi e tamponi per capire esattamente cosa curare. Una diagnosi corretta è la prima forma di terapia».