Il reparto di anestesia, rianimazione e terapia intensiva di Montallegro, attivo 24 ore su 24, è composto da quattro specialisti. Al responsabile, Enrico Aldo Innocenti e al dirigente Gianfranco Mazzarello, negli ultimi due anni si sono aggiunti altri due sanitari provenienti da esperienze nel Policlinico San Martino di Genova, Giovanni Mancuso e Luca Cevasco.
Il servizio di anestesia, rianimazione e terapia intensiva è stato al centro di un incontro del ciclo “Uomini, strumenti, passione, Montallegro presenta”.
Riassumiano gli argomenti dell’intervista pubblica.

Sono disponibili in video brevi interviste a Gianfranco Mazzarello, Giovanni Mancuso e Luca Cevasco.

Dottor Innocenti com’è cambiato nell’ultimo anno il servizio di anestesia e rianimazione di Montallegro?
«Siamo tornati a pieno regime con l’arrivo dei due nuovi specialisti che hanno abbandonato dopo molti anni il pubblico: gente giovane ma con esperienza alle spalle. Abbiamo così potuto garantire la reperibilità h 24 e una guardia attiva giornaliera dalle 8 alle 20. Questo permette ai vari servizi interni di ottenere un supporto in tempo reale da parte degli anestesisti, determinando un’attesa minore del paziente quando l’anestesista viene chiamato per un banale posizionamento di un’agocannula o per un’emergenza reale gestita insieme al medico di guardia che è sempre presente 24 ore al giorno. Inoltre i colleghi anestesisti esterni possono avvalersi di un aiuto in sala operatoria nel momento in cui dovessero trovarsi in difficoltà o semplicemente per condividere un dubbio o un confronto perioperatorio».

Quanti interventi chirurgici si fanno ogni anno in Montallegro?
«Sono oltre duemila».

L’anestesia che riduce il dolore

Dottor Mazzarello, come commenta queste novità e soprattutto quella legata al sistema Zalviso per la terapia contro il dolore post-operatorio?
«I nuovi arrivi dei due colleghi mi fanno ovviamente piacere perché, se da parte mia posso dare qualche consiglio di maggior esperienza sul campo, loro mi hanno già insegnato diverse cose che io da vecchio anestesista consideravo meno. Dal punto di vista terapeutico ci stiamo impegnando come gruppo a diminuire se non ad azzerare il dolore perioperatorio. La vera realtà post-operatoria per limitare il dolore è stato l’avvento di Zalviso: Montallegro è prima in Liguria a utilizzare questo sistema, presente in altre tre sole realtà in Italia. Si tratta di un sistema di autosomministrazione di farmaco oppiaceo da parte del paziente nell’immediato post-operatorio. L’eccesso di questi farmaci potrebbe risultare pericoloso se realizzato per via endovenosa, mentre questo sistema somministra il farmaco autonomamente secondo le richieste del paziente. Un piccolo computer controlla che l’utilizzatore sia proprio quel paziente il quale al massimo può chiedere il farmaco tre volte in un’ora».

Il nuovo blocco operatorio di Montallegro

L’inaugurazione, il 13 aprile, del nuovo blocco operatorio a bassa intenstà porterà altri vantaggi?
«Il nuovissimo ambulatorio chirurgico dove si svolgerà la diagnostica e la chirurgia a bassa intensità consentirà di utilizzare spazi e apparecchiature adeguate, oltre a offrire alcuni posti letto per il day surgery e quindi un post-operatorio che può essere seguito in maniera ottimale. È anche una struttura utilizzabile per le terapie infusionali. L’obiettivo di Montallegro è di assicurare sicurezza assoluta e confort al paziente il che significa puntare anche sulla mancanza di dolore».

L’utilizzo dell’ecografo in anestesia

Dottor Cevasco gli “anziani” del reparto parlano così bene del vostro ingresso. Che cosa avete portato di nuovo?
«Siamo riusciti a integrare il numero degli specialisti, coprendo tutti i servizi. Il fatto di lavorare in squadra permette di essere meno preoccupati del risultati perché c’è sempre la possibilità di rivolgersi a un collega. Oggi, inoltre, riusciamo anche a integrare le nostre passioni in sala operatoria. Negli ultimi 5-6 anni al San Martino mi ero dedicato soprattutto alla traumatologia. Qui ho trovato la possibilità di avere un ecografo all’avanguardia dedicato alla sala operatoria, avendo così la possibilità di applicare alcune nuove tecniche. In ortopedia, per esempio, si può utilizzare questa apparecchiatura dal blocco del canale degli adduttori al blocco della fascia lata (= contiene le strutture della coscia che si collegano alla parte inferiore dell’arto) con notevole beneficio per il paziente subito dopo l’intervento, garantendo una notevole riduzione della sensibilità al dolore e un recupero post-operatorio molto più veloce in casi come la protesi d’anca e la protesi di ginocchio».

Quindi l’utilizzo degli ultrasuoni in sala operatoria ha portato miglioramenti e novità?
«Da parecchio tempo si utilizza l’Ens, elettroneurostimolazione, ma col procedere della tecnologia si stanno ottenendo senza dubbio ottimi risultati in termini sia di qualità sia di sicurezza adoperando l’ecografo. Io lo posso testimoniare per quanto riguarda l’arto inferiore, il collega Mancuso per quanto riguarda intrerventi al torace».

Dottor Mancuso, vuole sintetizzare l’uso dell’ecografo negli interventi sul torace, in particolare, nella chirurgia della mammella?
«Vorrei riallacciarmi al discorso di ospedale senza dolore: per questo con l’ausilio dell’ecografo mi sono dedicato alla parte analgesica per quanto riguarda la chirurgia toracica e soprattutto la chirurgia mammaria. Una delle ultime tecniche che stiamo applicando è il blocco delle erector spinae (un insieme di muscoli spinali, il lunghissimo del dorso e l’ileocostale), che consente un’ottima analgesia post-operatoria negli interventi di chirurgia toracica polmonare ma soprattutto negli interventi sulla mammella e che coinvolgono la fascia toracica e il cavo ascellare. Fino a qualche anno fa il gold standard era il cateterino paravertebrale che però presentava la possibilità di rischi e differenti implicazioni dal punto di vista del dolore. Oggi, con l’assistenza dell’ecografo, possiamo realizzare questa tecnica, assolutamente all’avanguardia, per il dolore post-operatorio».

Il timore di “anestesia cosciente”

Dottor Cevasco: una delle paure più grosse di chi si sottopone a un intervento chirurgico è la cosiddetta “anestesia cosciente”. Si tratta di un timore reale oppure no?
«È un timore reale perché in passato ci trovavamo davanti a tecniche anestesiologiche non praticate da specialisti come accade oggi e mancavano metodi di controllo durante l’anestesia che si compone di tre grandi fasi: assenza del dolore, miorisoluzione (= rilassamento dei muscoli) e anestesia vera e propria. Tre fasi in cui vengono applicate tre categorie di farmaci, diciamo magistralmemte mischiate a seconda del’intervento e a seconda del’anestesista. Si tratta di curari per la miorisoluzione, di oppiacei per il dolore e degli ipnotici per far dormire: determinano una miscela che consente assenza di dolore e perdita di coscienza. In passato non si avevano alcune tecniche come il Bis (= indice bispettrale) che permette di controllare la soglia di attenzione del paziente. Questo device ci consente di verificare nelle fasi dell’intervento, soprattutto in un grande intervento, se quello che stiamo dando è giusto è troppo o è troppo poco».

Sul “Dottor Google” è riportato uno studio che afferma come l’anestesia provochi un declino cognitivo più veloce nelle persone anziane. È vero, dottor Mazzarello?
«Il grande anziano soffre soprattutto l’ambiente ospedaliero; anche se Montallegro è dotato di maggiori confort rispetto agli ospedali tradizionali, il cambiamento di abitudini può provocare disorientamento. Per quanto riguarda l’anestesia, certo, utilizzando grandi quantitativi di stupefacenti, è possibile che si vada incontro a problematiche di questo tipo. Perciò è meglio andare cauti coi sedativi e puntare su un’anestesia mista».

Il nuovo ruolo degli anestesisti

Mazzarello, chi deve essere operato abitualmente sceglie il chirurgo. Sceglie anche l’anestesista?
«In un caso su cento. Il motivo principale è che l’anestesista, fino a 50 anni anni fa, era la suora capellona che, su indicazione del chirurgo, buttava giù del cloroformio o quello che era. I tempi sono cambiati: se un buon chirurgo ha bisogno di un buon anestesista, uno scarso chirurgo ha bisogno di un ottimo anestesista, Oggi i chirurghi riconoscono la qualità del nostro lavoro. Prima eravamo solo un numero, oggi l’équipe che lavora in sala operatoria è un tutt’uno. Certo, l’empatia nei confronti del paziente da parte dell’anestesista è fondamentale e non la insegnano all’università».

Scritto da:

Mario Bottaro

Giornalista.