Ipertrofia prostatica: addio al bisturi e lunghe degenze
Dalla vaporizzazione all'enucleazione: le tecniche laser GreenLight e a olmio garantiscono risultati migliori e un recupero funzionale più rapido
Mi dica, dottore
L’ipertrofia prostatica benigna rappresenta una delle patologie più diffuse nella popolazione maschile con l’avanzare dell’età. Il suo trattamento, storicamente legato a tecniche invasive, ha visto negli ultimi anni una radicale evoluzione grazie all’introduzione e al perfezionamento delle tecnologie laser. Per comprendere l’entità di questo cambiamento e l’impatto sulla salute dei pazienti, abbiamo intervistato Carlo Introini, direttore della struttura complessa di Urologia presso l’E.O. Ospedali Galliera di Genova. Lo abbiamo incontrato in Montallegro, struttura che ha scelto per la sua attività in libera professione.
– Qual è l’impatto del laser sulla chirurgia della prostata?
«È enorme. Ha cambiato completamente l’approccio al trattamento chirurgico dell’ipertrofia prostatica benigna. Se inizialmente i laser sono nati come alternativa alla tradizionale TURP (resezione transuretrale della prostata), oggi l’hanno quasi del tutto sostituita. L’energia e la mininvasività di questi strumenti ci hanno permesso di trattare prostate di ogni peso e volume con risultati eccellenti. In Montallegro siamo dotati di entrambe le tecnologie laser più importanti: il laser a luce verde – noto come GreenLight – e l’enucleazione laser a olmio (HoLEP)».
– Quali sono i vantaggi delle tecniche mini-invasive nel decorso post-operatorio?
«Anche se parliamo sempre di chirurgia, ciò che cambia in modo sostanziale è la degenza: si guadagnano almeno 24/48 ore, ma soprattutto il tempo di ricovero è vissuto in modo diverso. Il paziente si muove autonomamente, ha solo un catetere e non deve più restare collegato alle sacche di lavaggio continuo. Questo favorisce un recupero funzionale delle attività molto più rapido rispetto alle tecniche precedenti».
– Lei ha menzionato due tecniche: GreenLight e olmio. Quali fattori portano a scegliere una tecnologia piuttosto che un’altra?
«Esistono due differenze sostanziali. Il GreenLight, avendo una specifica affinità per l’emoglobina, è un laser che vaporizza il tessuto ed è particolarmente indicato per situazioni con prostata di volume non elevato, in pazienti anziani o che seguono terapie anticoagulanti importanti. Il rischio di sanguinamento intra- e post-operatorio è ridotto quasi a zero. Tuttavia, vaporizzando il tessuto, non permette l’esame istologico. Quando invece dobbiamo trattare volumi maggiori o abbiamo necessità di un referto istologico – magari per un PSA elevato o un dubbio diagnostico posto dalla RM – utilizziamo il laser a olmio.
Questo è un laser enucleativo: ci permette di asportare l’adenoma, ridurlo in frammenti ed estrarlo per l’analisi».
– Ci sono effetti collaterali o elementi negativi da considerare prima di procedere con queste nuove tecniche?
«Tecnicamente no, queste tecnologie offrono vantaggi superiori allo standard.
È bene comunque ricordare che tutti gli interventi di ablazione del tessuto prostatico, inclusi quelli con laser a olmio, comportano quasi sempre l’eiaculazione retrograda come effetto collaterale».
– In cosa consiste?
«Non si verifica più la fuoriuscita esterna del liquido seminale. Poiché viene rimosso il tessuto prostatico che fungeva da barriera a livello del collo vescicale, lo sperma trova meno resistenza a scivolare indietro in vescica anziché percorrere l’intera uretra verso l’esterno. Ciò non comporta conseguenze per la salute: il liquido seminale si mescola alle urine e viene eliminato con la minzione successiva».
– Questi trattamenti sono risolutivi nel lungo periodo? Esiste il rischio che l’ipertrofia si ripresenti?
«Quando l’intervento è eseguito correttamente, le recidive si segnalano non prima di circa 15 anni. Questo vale per tutte le tecnologie attuali. Le recidive non comportano necessariamente un nuovo intervento, ma eventualmente la ripresa di una terapia medica. Per quanto riguarda invece le complicanze a breve e medio termine, come la sclerosi della loggia prostatica o la stenosi dell’uretra, l’uso del laser ha determinato una netta riduzione della loro incidenza rispetto al passato».