Malattie infiammatorie croniche intestinali: parola alla gastroenterologa Giorgia Bodini
Gli esami diagnostici da affrontare e le nuove frontiere terapeutiche nelle malattie infiammatorie intestinali
Mi dica, dottore
Le malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI), come il morbo di Crohn e la colite ulcerosa, sono patologie complesse che impattano significativamente sulla qualità di vita. Si tratta di malattie croniche e recidivanti, che colpiscono prevalentemente i giovani, tra i 20 e i 30 anni, con un secondo picco di incidenza tra i 50 e i 70 anni. Per approfondire la conoscenza di queste condizioni, abbiamo incontrato la dottoressa Giorgia Bodini, gastroenterologa che ha scelto Montallegro per la sua attività libero professionale.
– Quali sono le caratteristiche di queste due patologie?
«Entrambe sono caratterizzate da episodi di diarrea ricorrente, ma presentano peculiarità distintive. Il morbo di Crohn può interessare qualsiasi tratto del tubo digerente, dalla bocca all’ano. Si manifesta con diversi fenotipi: infiammatorio, fibrotico o penetrante, con formazione di fistole enteriche, entero-vescicali o entero-vaginali. È una malattia a tutto spessore della parete intestinale, rilevabile tramite indagini strumentali come l’ecografia delle anse e l’entero-risonanza, che evidenziano ispessimenti dei tratti intestinali, spesso a carico dell’ileo terminale. La colite ulcerosa, invece, colpisce prevalentemente il colon ed è una malattia più di superficie, interessando la mucosa intestinale».
– Come vengono curate?
«Per prima cosa, è fondamentale diagnosticarle correttamente prima di avviare una terapia, poiché vanno differenziate dalla sindrome dell’intestino irritabile. Quest’ultima è una patologia funzionale – molto più comune – e la distinzione è cruciale per un trattamento efficace. Dopo un inquadramento iniziale, che spesso prevede l’utilizzo di cortisone per il Crohn e mesalazina per la colite ulcerosa, si valuta la necessità di terapie immunosoppressive, soprattutto in caso di steroido-dipendenza».
– Quali sono le cause di queste patologie? Sono legate a fattori genetici o allo stile di vita?
«Non esiste una causa singola, ma un’eziologia multifattoriale. C’è un substrato genetico in alcuni pazienti, dove fattori ambientali e di stress possono scatenare la patologia. E spesso si osserva uno sbilanciamento tra citochine pro-infiammatorie e anti-infiammatorie. Sembra che l’evento iniziale sia un’aumentata permeabilità intestinale, dove un normale commensale della flora batterica scatena una risposta immunitaria aberrante in un soggetto geneticamente predisposto. Questo squilibrio tra linfociti T regolatori e linfociti effettori provoca l’attività infiammatoria e le lesioni osservabili. Lo stress, in particolare, è una concausa significativa, potendo favorire le riacutizzazioni, poiché queste malattie sono caratterizzate da fasi di attività e remissione».
– Quali possono essere le complicanze?
«Per il morbo di Crohn, le complicanze dipendono dal fenotipo. In un Crohn stenosante, la complicanza principale è l’occlusione intestinale. Un’altra complicanza frequente è la formazione di fistole, ovvero comunicazioni anomale tra organi contigui, che spesso richiedono un approccio chirurgico. Per la colite ulcerosa, la complicanza più grave è il megacolon tossico, una dilatazione abnorme dell’intestino, associata a gravi alterazioni elettrolitiche, che può portare alla colectomia se il paziente non risponde alla terapia».
– Quali sono gli esami diagnostici per queste patologie?
«Gli esami si suddividono in diversi livelli. Quelli di primo livello includono esami del sangue e delle feci. Dagli esami ematici possiamo riscontrare un aumento dei globuli bianchi, anemia – con valori di MCV bassi per anemia sideropenica o alti per anemia megaloblastica, legata a deficit di vitamina B12, spesso assorbita nell’ileo terminale, sede frequente del Crohn – o un aumento delle piastrine, indicatore di infiammazione. Possiamo anche valutare gli indici di flogosi, come PCR, VES e fibrinogeno, che risultano elevati, e la ferritina aumentata. Spesso si riscontrano bassi livelli di vitamina B12, folati e vitamina D, correlati a osteopenia o osteoporosi, sia per malassorbimento che per l’effetto collaterale delle terapie cortisoniche.
A livello delle feci, è utile il dosaggio della calprotectina fecale, un indice di flogosi specifico per l’intestino, che indica un’infiammazione gastrointestinale, a differenza della PCR che può essere elevata anche per altre cause non intestinali. È compito dello specialista interpretare i valori per escludere falsi positivi».
– Qual è il ruolo della nutrizione nella gestione delle malattie intestinali croniche?
«Durante le fasi di attività della malattia, una dieta a basso contenuto di fibre può alleviare i sintomi. In remissione, invece, non esistono a oggi evidenze che una dieta specifica possa migliorare o peggiorare lo stato infiammatorio. Una dieta low-FODMAP (con pochi cibi fermentabili) può ridurre dolore addominale e gonfiore. Esistono studi promettenti, come quelli sulla “Crohn Disease Exclusion Diet” (CDED), che suggeriscono una riduzione dell’attività infiammatoria nel Crohn. Tuttavia, queste diete non sono ancora inserite nelle linee guida. Attualmente, si raccomanda una corretta dieta mediterranea, con riduzione delle fibre durante le fasi acute».
– Ci sono terapie innovative in fase di studio?
«La mesalazina, pur essendo stata una terapia per il morbo di Crohn, è ormai obsoleta per questa patologia, ma resta la terapia cardine per la colite ulcerosa. Per i pazienti che non rispondono alle terapie di prima linea, o che sono steroido-dipendenti, steroido-refrattari o steroido-intolleranti, si possono utilizzare terapie biologiche innovative. Queste includono farmaci anti-TNF alfa, e molecole più complesse come anti-integrine, anti-interleuchine, anti-JAK o anti-sfingosina-1-fosfato. Si tratta di farmaci che richiedono una gestione specialistica».
– Perché scegliere Montallegro per la cura delle malattie infiammatorie croniche intestinali?
«Montallegro si distingue per la sua multidisciplinarità, “arma” fondamentale per la gestione delle MICI. Qui possiamo contare sul supporto di reumatologi e dermatologi, essenziali per le manifestazioni extraintestinali – articolari, dermatologiche, oculari – spesso associate a queste malattie. Non dimentichiamo l’importanza della collaborazione con il chirurgo, sempre a stretto contatto con il gastroenterologo in questi casi. Inoltre, la possibilità di eseguire esami ematochimici con risultati in tempi brevi è essenziale per adeguare la terapia. È cruciale escludere eventi infettivi fecali come parassitologici, coprocolture, ricerca della tossina del Clostridium difficile o sovrainfezioni da citomegalovirus. A Montallegro possiamo effettuare tutto questo in tempi rapidi.
Possiamo dosare la calprotectina fecale, richiedere indagini strumentali come colonscopie con biopsie – con un’ottima “expertise” anatomo-patologica per una diagnosi accurata – TAC addome per valutare complicanze chirurgiche, entero-risonanza per individuare localizzazioni ileali non visibili con la colonscopia e gastroscopie, dato che il morbo di Crohn può interessare anche il tratto digestivo superiore. Tutto questo è disponibile a Montallegro, in modo rapido ed efficiente».