Da 30 anni il mese di ottobre si colora di rosa per la prevenzione del tumore al seno e culmina (per il 2022) nella data del 19 ottobre (Pink Day), la Giornata internazionale contro il cancro al seno. Ancora oggi rappresenta la patologia tumorale più frequente nelle donne, con quasi 55.000 nuovi casi in Italia stimati nel 2022, costituendo il 30,3% di tutti i tumori che colpiscono le donne. Interessa tutte le fasce di età, anche se la fascia maggiormente colpita è quella dai 50 ai 70 anni.
L’incidenza di questo tumore è in leggera crescita, soprattutto nelle donne più giovani, ma la mortalità è in diminuzione, con una riduzione del 6% nel 2020 rispetto al 2015, pur rimanendo la prima causa di morte per tumore nelle donne. Proprio per questo, ogni sforzo per aumentare la prevenzione, allargando gli screening alla più ampia platea possibile, è fondamentale e va sostenuto.

Abbiamo chiesto ad alcuni specialisti che lavorano anche in Montallegro di approfondire il tema. A partire dal valore della prevenzione e l’importanza del Pink Day.
«La prevenzione ha il valore più elevato in assoluto, quello di salvare la vita. In linea generale, la prevenzione consente di anticipare la diagnosi e questo di conseguenza comporta una prognosi migliore correlata a una chirurgia meno invasiva e a terapie oncologiche meno aggressive. – spiega Matteo Celenza, specialista in Radiodiagnostica – Il Pink Day è un ottimo strumento per sensibilizzare la popolazione femminile riguardo alla problematica del tumore al seno, ma soprattutto a quanto sia oggigiorno risolvibile proprio grazie alla prevenzione».

Prevenzione del tumore al seno: quando fare i controlli

Quali indicazioni possiamo dare alle donne per fare prevenzione (età del primo esame, cadenza degli stessi)? Ecco la risposta di Nicoletta Gandolfo, Direttore del Dipartimento Immagini e Coordinatore della Breast Unit Asl3, con studio anche in Montallegro.
«Nelle donne tra i 50 e i 70 anni la mammografia con cadenza biennale può ridurre la mortalità fino al 40%. Mentre, nelle donne tra i 40 e i 50, sottoporsi a una mammografia annuale può ridurre il tasso di mortalità fino al 20%. La mammografia è lo strumento di prevenzione secondaria più adeguato nelle donne dai 40 anni in poi, fino a raggiungere le donne over 70, dove il rischio di insorgenza, aumentando con l’età, è piuttosto elevato. Naturalmente, essa può e deve – in certi casi – essere associata all’ecografia, preferibilmente eseguita dallo stesso radiologo senologo.

Quando lo studio della storia medica familiare o personale mette in luce specifiche caratteristiche di rischio, per esempio di aver ereditato una mutazione genetica che aumenti le probabilità di ammalarsi, la consulenza genetica per l’utilità di eventuale esecuzione di test genetici per la ricerca di mutazioni nei geni BRCA 1 e 2 possono essere utili strumenti di prevenzione.

In caso di positività di questi test, è possibile rafforzare le misure di controllo, usando anche la risonanza magnetica per identificare il tumore in una fase precoce qualora dovesse presentarsi, oppure ricorrere alla mastectomia preventiva, ovvero alla rimozione chirurgica del seno. Nei casi di mutazioni in BRCA1/2, legate anche al rischio di tumore ovarico, la mastectomia può essere accompagnata anche dalla rimozione di tube e ovaie. In caso di assenza di familiarità o mutazioni genetiche la risonanza magnetica rappresenta solo un esame di approfondimento in casi e indicazioni selezionate, quali per esempio la stadiazione preoperatoria o il monitoraggio della risposta alla chemioterapia preventiva (detta neoadiuvante) in un tumore già accertato biopticamente, oppure in caso di sospetta rottura di impianti protesici, o in altre condizioni patologiche specifiche meno frequenti».

L’autopalpazione

Il primo passo per la prevenzione, ancor prima che le analisi strumentale, passa dall’osservazione attenta del proprio corpo. «Nel tempo che passa tra il controllo e quello successivo, è molto importante praticare l’autopalpazione, mensilmente e in lontananza rispetto al ciclo mestruale, per avere una piena consapevolezza della conformazione del proprio seno e la massima attenzione nel caso sopraggiungessero noduli e/o formazioni solide. – spiega ancora Matteo Celenza (nella foto a sinistra)- Altrettanto importante è porre attenzione ad altre manifestazioni che posso essere indicative dell’insorgenza di un cancro al seno, come un arrossamento persistente della cute in una determinata zona della mammella e/o un ispessimento cutaneo che talvolta assume il tipico aspetto “a buccia d’arancia”».

Conferma Piero Fregatti, chirurgo senologo: «L’autopalpazione va fatta ogni mese a circa 10 giorni di distanza dal ciclo mestruale. Questo è il concetto cardine. In Italia siamo purtroppo ancora indietro. In America si chiama Breast Awareness. Parole stupende. Aver la consapevolezza del proprio seno. Chi meglio della donna stessa può conoscere il proprio seno?

Quindi solo facendo in maniera corretta l’autopalpazione si raggiunge questa consapevolezza. Ricordo che è l’unico strumento efficace di prenvenzione secondaria per le giovani donne. Non l’ecografia che non è un esame di screening e andrebbe eseguito solo in presenza di sintomo clinico. Quindi donne conoscetevi e conoscete il vostro seno. Al primo cambiamento (di consistenza, di asimmetria, comparsa di noduli, dolore) andate da un senologo clinico: sarà lui a consigliarvi l’esame d’immagine da fare».

Nicoletta Gandolfo però ricorda: «L’efficacia dell’autopalpazione in termini di screening è molto bassa, questo significa che costituisce un di più rispetto alla sola visita e alla mammografia a partire dall’età consigliata, ma non può sostituirle. Però è importante “conoscere” il proprio seno e segnalare al medico i cambiamenti individuati: anche un ingrossamento dei linfonodi ascellari potrebbe rappresentare un campanello d’allarme».

I progressi nelle cure

Aldilà della prevenzione che, come abbiamo visto, è essenziale per ridurre l’incidenza di mortalità di questo tumore, anche le prospettive mediche hanno fatto passi da gigante. Paolo Meszaros (nella foto a sinistra), responsabile S.S.D. Chirurgia Senologica e Breast Unit – ASL 4, con studio anche in Montallegro, non ha dubbi: «L’intervento chirurgico rimane un cardine nel percorso di cura, affiancato dai nuovi farmaci chemioterapici e biologici e dal trattamento radiante».
Conferma Matteo Celenza: «Le prospettive sono sempre più rosee, si tratta di una problematica purtroppo molto frequente ma altresì sempre più risolvibile e guaribile, soprattutto se la diagnosi è precoce».

Conclude Nicoletta Gandolfo: «In ogni tumore mammario è importante valutare essenzialmente due fattori: l’estensione e la biologia del tumore e conseguentemente il grado di aggressività del tumore, per pianificare in maniera adeguata le cure più efficaci per quella paziente in quel momento della propria vita con quel tipo di tumore. La figura dell’oncologo oggi gioca un ruolo determinante nella scelta del piano terapeutico, della sequenzialità e della tipologia delle cure mediche e chirurgiche e nel follow up. Oltre ai farmaci convenzionali, quali i chemioterapici utilizzati prima o dopo l’intervento chirurgico e alla terapia ormonale sostitutiva o agli inibitori delle aromatasi per quei tumori cosiddetti ormo-sensibili, oggi sono sempre più disponibili le terapie a bersaglio molecolare, note anche come farmaci biologici mirati e l’immunoterapia in combinazione con la chemioterapia, per una terapia sempre più personalizzata, basata sulla biologia del tumore che andremo a trattare.

Infine la possibilità anche di curare e prendere in carico le donne con tumore al seno metastatico, garantendone la continuità della cura e la gestione di eventuali complicanze nel loro percorso terapeutico. Tutto questo presuppone un unico requisito indispensabile: che la persona sia seguita dalla diagnosi alla terapia e nel follow up da professionisti esperti e dedicati alla senologia, che lavorino in un centro dedicato e collaborino, condividendo le scelte terapeutiche più adeguate e mirate a quella paziente con quel tipo di tumore. È dimostrato che farsi trattare in un centro dedicato (le cosiddette Breast Unit o Centri di Senologia) o comunque da professioni dedicati che collaborino in un team aumenta fino al 18% le possibilità di sopravvivenza rispetto quelle curate in strutture non specializzate, avendo anche una migliore qualità di vita».

Interventi sempre meno invasivi

La riduzione della mortalità negli ultimi anni è stata accompagnata da interventi chirurgici sempre meno invasivi. Ce lo ricorda Giuseppe Canavese (nella foto a sinistra), specialista in chirurgia senologica, con particolare attenzione agli aspetti oncologici di questo ambito. «Il concetto di chirurgia conservativa si è sviluppato sempre di più e non soltanto per la mammella, ma ultimamente anche per quanto riguarda i linfonodi ascellari, andando oltre il concetto della sola rimozione del linfonodo sentinella. Oggi anche nei casi di quadrantectomia con uno o due linfonodi sentinella positivi è possibile pensare a un risparmio degli altri linfonodi ascellari riducendo l’invasività dell’intervento senza aumentare il rischio prognostico. Così come è in corso di studio una chirurgia conservativa dei linfonodi ascellari anche dopo una chemioterapia preventiva (neoadiuvante).

Lo stretto rapporto tra gli specialisti e le maggiori conoscenze della biologia dei tumori mammari ha fatto sì che in un numero più significativo di casi – quando si tratta di tumori aggressivi anche se di piccole dimensioni anche senza linfonodi ascellari interessati da malattia – sia preferibile far precedere la chemioterapia alla chirurgia. Questo ha uno scopo ben preciso: quello di capire la risposta del tumore alla chemioterapia, informazione che si può ottenere al momento della chirurgia. E questa informazione è fondamentale per impiegare successivamente terapie target (anticorpi monoclonali, immunoterapia, inibitori tirosinchinasi, eccetera). L’obiettivo evidente è quello di prolungare la sopravvivenza libera da malattia il più a lungo possibile e questo è diventato una realtà»

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Redazione